DEL RESTO IL BUON ENRICO E’ UN
MONTIANO DOC E SEGUACE DELLA Goldman
Sachs. SEI MINISTRI SONO INVECE DEL PDL, MENTRE UNO SOLO A TESTA PER BERSANI E
D’ALEMA
Con
il giuramento di ieri mattina da parte dei Ministri, è nato ufficialmente il
Governo Letta. Lo fa però sotto una cattiva stella, per i noti fatti accaduti
dinanzi a Palazzo Chigi, dove un disperato ha ferito due carabinieri. Spia
allarmante di una disperazione dilagante e sempre più insostenibile, che vede
nella politica, a torto o a ragione, la fonte di tutti i mali.
Tornando
al Governo Letta, è inutile farsi prendere da facili entusiasmi, come invece
capitò prematuramente con l’esecutivo Monti, nei fatti drammaticamente
deludente. Due i dati oggettivamente positivi: la media età relativamente
bassa, pari a 53 anni, grazie alla presenza di diversi quarantenni, e la
composizione di un terzo tutto al femminile. Tra le quali spicca Emma Bonino
agli esteri, ancora una volta rimasta esclusa dalla corsa al Quirinale (come
accade dal ’99) ma ricompensata con un Dicastero di successo. E anche Cecilie
Kyenge, di colore, alla quale è toccato, manco a dirlo, il Ministero
dell’integrazione.
Un esecutivo un po’ tecnico e un
po’ politico, sul quale è ingombrante l’ombra di Monti – alias delle Banche e
della Borsa - e ridotta all’osso la presenza della sinistra. Accentuata invece
quella dei democristiani di nuova generazione e dei berluscones.
Tra le Lobby assente invece risulta
il Vaticano, specchio ciò dell’ormai nullo peso in parlamento.
LETTA UN
FANATICO DELL’EURO E DI MONTI – Che Giorgio Napolitano sia diventato un
ultras dell’Ue e Borsa-dipendente lo dimostra palesemente la scelta ricaduta su
Enrico Letta, dopo la nomina di Mario Monti. Basta citare il titolo e
sottotitolo del libro edito da Laterza del neo Premier: “Euro sì. Morire per
Maastricht”; Letta dunque è un eurocrate di lunga data, peraltro poco
lungimirante, non avendo avvertito i pericoli dell’area euro; curiosamente, il
“giovane” eurocrate Letta ha “trascorso parte dell'infanzia a Strasburgo dove
frequenta la scuola dell'obbligo”.
Letta dice, il 9 ottobre 2012:
“Noi abbiamo voluto per primi Monti, caricandoci anche responsabilità non
nostre. Noi rivendichiamo la giustezza di quella scelta. La condivisione
profonda di quanto è stato compiuto e la necessità di una continuità programmatica nel prossimo
governo è sancita, peraltro, dalle conclusioni della Carta d’intenti, ribadite
e votate dall’Assemblea di sabato
all’unanimità”. Per Letta, Fassina con le sue critiche a Monti, suo compagno di
merende nel Bilderberg e nella Trilaterale, “ha passato il segno”; poco importa
se oggi Letta si dichiara contrario all’austerity: ha già ampiamente dimostrato
di essere ondivago e poco lungimirante. Ha perfino giudicato la nomina di Mario
Monti “un miracolo”.
GOLDMAN
SACHS E LE PRIVATIZZAZIONI - “Goldman Sachs” “sembra avere più coraggio
e lucidità di analisi” rispetto a “tanti
rappresentanti dei poteri economici italiani che paiono timorosi nei confronti
di una prospettiva di centrosinistra”; Non a caso Mario Monti e lo zio Gianni
Letta sono consiglieri per conto della Goldman Sachs, la più grande banca
d’affari statunitense (e del mondo), già nel 2007 è stata al centro di una
inchiesta della Procura di Pescara per una frode al fisco per almeno 202
milioni di euro. Goldman Sachs è ritenuta corresponsabile della crisi greca ed
è stata additata come responsabile del crollo della lira agli inizi degli anni
’90, “dapprima annunciandone la sopravvalutazione ed indicando nel livello di
1000 lire al marco il tasso di cambio che essa riteneva realistico, poi
buttandosi a vendere lire per contribuire a ottenere quel risultato.
Letta annuncia: “È arrivato il
momento di cominciare a parlare di privatizzazioni. Penso a Poste, Ferrovie,
Eni, Enel, Finmeccanica e alle 20 mila aziende partecipate degli enti locali”;
anche in questo senso le privatizzazioni di Letta saranno in continuità con i
metodi del suo maestro Andreatta e del suo idolo Monti (consigliere per la
Goldman), a favore di Goldman Sachs, in combutta con lo zio Gianni e quindi in
pieno conflitto di interessi; in caso di uscita dell’Italia dall’euro, con la
conseguente svalutazione, e tramite il suo funzionario Letta, Goldman Sachs
potrà acquisire i gioielli nazionali a prezzo molto ribassato. Il sogno di
privatizzare l’Enel e altri gioielli nazionali, in parte realizzato, era già di
Andreatta.
Affidare a Goldman Sachs la
valutazione delle partecipazioni statali ad aziende per vedersi ridurre poi
drasticamente i bond italiani che aveva in portafoglio. Questo infatti è
accaduto con il governo Monti: lui ha affiodato a GS le valutazioni su
“Fintecna, Sace e Simest in vista della cessione alla Cdp” e GS ha ridotto del
92% i bond italiani che aveva in portafoglio,” portandoli da 2 miliardi di euro
a una misera quota di 155,2 milioni di euro. In pratica, le collusioni di Monti
con Goldman Sachs sono controproducenti da ogni punto di vista e anche in
prospettiva futura, perché invia un fortissimo segnale di sfiducia agli
investitori. Lo stesso, si deve presumere, avverrà con il prossimo governo
Napolitano-Letta. Del resto appare chiaro a cosa potrebbero essere mirate
quelle riduzioni di portafoglio: a una svalutazione di tutto il patrimonio
industriale nazionale, che poi verrà acquistato dalla a prezzi di favore dalla
stessa Goldman Sachs.
SMEMBRARE
L’ENI - “Terna e Snam Rete Gas scorporata da Eni”: smembrare l’ENI e
quindi privatizzarla togliendoci il controllo sulle autentiche fonti di
approvvigionamento del gas, utili alla NATO nell’ambito di una strategia di
indebolimento della Gazprom e quindi della Federazione Russa, che collaborano
strettamente con ENI; anche questa operazione sarà probabilmente un bel regalo
a Goldman Sachs; lo smembramento e la privatizzazione dell’ENI seguirà il
precedente dello smembramento e privatizzazione dell’IRI operata tramite
l’intervento di Andreatta, il mentore di Letta. Tramite l’accordo con
l’eurocrate Van Miert siglato nel 1993, Andreatta diede il via allo
smantellamento dell'IRI, che dai tempi di Mattei era un complesso di aziende
statali (regno per lo più di monopoli naturali) fra i più grandi al mondo, che
ci era invidiato all'estero “perché era in grado di fare tutto, e moltiplicava
ogni lira investita per sei-sette volte”.
TRA
NAPOLITANO, MONTI E ANDREATTA - Napolitano, membro, come Letta, della
Trilateral Commission e dell’Aspen Institute, e amico degli amici. In fondo è
lui che ha appena nominato Presidente del Consiglio il suo compagno di logge
Letta. Monti ha dunque come suo successore il suo compagno di logge ed
estimatore Letta. Degno di nota è il cosiddetto “pizzino” di Letta a Monti –
suo compagno di associazioni segrete ed esclusive quali il Bilderberg e la
Trilateral Commission, e con interessi comuni in Goldman Sachs – un biglietto
scambiato in Parlamento, la cui foto, assolutamente autentica, è stata
pubblicata dal “Corriere della Sera” il 18 novembre 2011: «Mario, [si notino la
confidenzialità e l’informalità, N.d.R.] quando vuoi dimmi forme e modi con cui
posso esserti utile dall’esterno. Sia ufficialmente (Bersani mi chiede per es.
di interagire sulla questione dei vice) sia riservatamente. Per ora mi sembra
tutto un miracolo! E allora i miracoli esistono!». In vostro favore però.
Letta è stato delfino di Beniamino
Andreatta (1928-2007), il Guru delle Svendite. Economista democristiano
ultraliberista, che già favorì la carriera universitaria del suo portaborse
Prodi, è stato un vero mentore per Letta. Fra i suoi principali insegnamenti,
la ricetta dello spezzatino. Lo spezzatino di colossi industriali nazionali,
come l’IRI, che ora Letta vuole applicare a Finmeccanica, ENI eccetera.
Andreatta “nel 1992 annunciò che per rientrare dal debito pubblico occorreva
“ridurre il reddito delle famiglie italiane di almeno 5milioni di lire””.
Andreatta, secondo alcune fonti, sarebbe stato presente sul panfilo Britannia
il 2 giugno 1992 nella presunta trattativa segreta fra oligarchi angloamericani
(dicesi anche: l’ubiquitaria Goldman Sachs) e membri della classe dirigente
italiana per la privatizzazione e la svendita del patrimonio industriale
italiano. Esistono fonti che suggeriscono che Andreatta avesse come obiettivo
la svendita integrale di tutte le quote statali di tutti i patrimoni pubblici.
Andreatta, in qualità di neo-ministro degli esteri, accolse subito
entusiasticamente la proposta britannica di mandare gli eserciti in Bosnia.
IL CASO
LUSI ANCORA DA CHIARIRE - Nel gennaio 2012 l'ex tesoriere della
Margherita Luigi Lusi, iscritto nel registro degli indagati per aver sottratto,
secondo la procura di Roma, ingenti somme di denaro dalle casse del partito, ha
sostenuto che parte di tali soldi sia andata a diversi appartenenti al partito,
tra i quali Enrico Letta.
NAPOLITANO
INCASSA 5 MINISTERI - Il vero vincitore di questa intricata partita è
Giorgio Napolitano. Il presidente della Repubblica ha piazzato i suoi uomini in
diversi ministeri chiave. Ci sono Mauro e Quagliariello, già incaricati dallo
stesso Napolitano nel ruolo di saggi. A loro si aggiungono Fabrizio Saccomanni e Anna Maria Cancellieri, espressamente
voluti dal capo dello Stato in due ministeri che si annunciano incandescenti,
ossia, rispettivamente, quello dell'Economia e quello della Giustizia. Ma non
basta. Diretta emanazione di Re Giorgio è anche il mago dei numeri Enrico
Giovannini, presidente Istat, che si occuperà delle politiche sociali.
5 NOMI
SONO DEL PDL - Il Pdl ha portato a casa cinque importanti caselle
ministeriali: Angelino Alfano, che sarà anche il vice di Letta, presiederà il
Viminale; il ciellino Maurizio Lupi sarà ministro dei Trasporti e alle
Infrastrutture, mentre Beatrice Lorenzin sarà il prossimo ministro della
Salute. Nunzia De Girolamo sarà invece a capo del ministero delle politiche
agricole. Avrà pesato, e molto, il suo essere moglie di Francesco Boccia, del
Pd. Ma per lei ci sarebbe un presunto conflitto d'interessi: l'azienda agroalimentare del padre è sotto gestione controllata da anni, dunque sotto gestione del Ministero che la figlia presiede.
Il 'saggio' Gaetano Quagliariello si occuperà invece del delicatissimo tema delle riforme costituzionale, il vero banco di prova del governo delle larghe intese. Ma sulla nomina di Quagliariello, come detto in precedenza, è pesata molto anche la manina di Napolitano, che non più tardi di 15 giorni fa lo nominò nella commissione dei saggi.
Il 'saggio' Gaetano Quagliariello si occuperà invece del delicatissimo tema delle riforme costituzionale, il vero banco di prova del governo delle larghe intese. Ma sulla nomina di Quagliariello, come detto in precedenza, è pesata molto anche la manina di Napolitano, che non più tardi di 15 giorni fa lo nominò nella commissione dei saggi.
QUELLI IN
QUOTA PD. UMILIATO BERSANI - Letta ha piazzato Maria Chiara Carrozza,
sua fedelissima, all'Istruzione, oltre ad aver voluto espressamente Cecile
Kyenge, incoraggiato dalla mossa della Lega che si è messa all'opposizione. Lo
sconfitto Pierluigi Bersani è stato invece accontentato con il ministero dello
Sport affidato a Josefa Idem, eletto nel listino bloccato del segretario dimissionario,
e con il Sindaco di Padova Flavio Zanonato. A rappresentare i 'giovani turchi'
nel governo ci sarà invece Andrea Orlando, mentre a rappresentare l'area Dem
(Franceschini e Veltroni), comunque molto vicina a Letta, è lo stesso
Franceschini. Graziano Del Rio sarà poi il presidio di Matteo Renzi nel
governo, mentre Massimo D'Alema viene tenuto buono con la nomina di Massimo
Bray alla Cultura.
TRE
MONTIANI, UNO DELL’UDC - Sui nomi c'è stato un vero e proprio
regolamento di conti all'interno di Scelta civica. Enzo Moavero è un
fedelissimo di Mario Monti, mentre Mario Mauro è stato voluto direttamente dal
capo dello Stato al Ministero della Difesa, così come Anna Maria Cancellieri.
Casiniani, montezemoliani e l'area che fa riferimento al fondatore della
Comunità di Sant'Egidio sono invece rimasti a bocca asciutta. Una vendetta del
Professore, che non ha gradito alcune uscite dei suoi parlamentari in seguito
alla debacle elettorale e, soprattutto, una staffilata a Casini, che in
un'intervista aveva giudicato un errore imperdonabile quello di essersi alleato
con Monti. I rapporti tra la montezemoliana Italia Futura e Monti sono invece
incrinati da un bel po': questo è solo un altro round di una guerra di
logoramento che va avanti da prima delle elezioni.
Casini incassa comunque un
Ministro, Giampiero D'Alia, alla Pubblica Amministrazione.
Insomma, la volontà popolare
espressa due mesi fa è stata disinnescata. Ci ritroviamo di nuovo banchieri,
tecnici, inseguitori della Borsa e il trio Pd-Pdl-Monti al Governo. In Grecia
invece allo stallo istituzionale si era risposto con l’indizione di nuove
elezioni. Ma la conferma di Napolitano è stata voluta proprio per questo. Come
già scritto in precedenza, la Casta si è arroccata contro il cambiamento. L’elezione
di Rodotà avrebbe portato a un esecutivo molto diverso. Non meravigliamoci poi
se si consumano gesti deprecabili come quello di domenica mattina dinanzi a
Palazzo Chigi.
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