DA 4 ANNI SONO CORICATI in
una sala di palazzo Campanella a Reggio Calabria, PER I LAVORI DI
RISTRUTTURAZIONE DEL MUSEO CHE LI OSPITAVA. FURONO RINVENUTI DAI FONDALI DEL
MAR IONIO NEL 1972
Del resto Vittorio Sgarbi lo ha detto: i Bronzi di Riace
stavano meglio sott’acqua, ben conservati e lontani dall’incompetenza umana. Essi
sono una coppia di statue bronzee alte rispettivamente 205 e 198 cm, di
provenienza greca o magnogreca o siceliota, databili al V secolo a.C. Furono
rinvenute dai fondali del Mar Ionio nel 1972 e conservati nel Museo Nazionale
della Magna Grecia di Reggio Calabria da dove, a causa dei lavori di
ristrutturazione dello stesso museo, sono stati rimossi dal 2009. Per questo
motivo sono ospitati presso Palazzo Campanella, sede del Consiglio Regionale
della Calabria, sempre nella città di Reggio, dove però sono visitabili non in
posizione eretta, ma distesi su un supporto orizzontale. Si parlò di posizione
temporanea, ma sono distesi così da ormai 4 anni…
LAVORI INTERMINABILI - Il
Museo della Magna Grecia, dove sono stati esposti per ventotto anni nella
pressoché totale indifferenza, è chiuso dalla vigilia di Natale di tre anni e
mezzo fa causa restauri. Doveva riaprire un anno dopo, in tempo per le
celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia. Ma come
sempre i lavori si sono rivelati interminabili, fra problemi tecnici, pastoie
burocratiche e la solita inevitabile carenza di soldi. Causata, manco a dirlo,
dalla lievitazione abnorme dei costi: da 10 a 33 milioni di euro. L'ultimo
appalto da 5 milioni per l'allestimento delle sale con i fondi europei, che
alla fine sono saltati fuori, doveva essere chiuso il 6 giugno scorso. Invece è
slittato al 15 luglio. E siccome il bando stabilisce 180 giorni dalla data di
consegna dei lavori al vincitore della gara, ecco che se tutto andrà per il
verso giusto ben difficilmente i Bronzi potranno tornare al loro posto prima
della primavera 2014 inoltrata.
Nel frattempo restano dunque nel Consiglio regionale. Dove
si apprestano a trascorrere un quarantunesimo compleanno dal loro ritrovamento,
avvenuto il 16 agosto del 1972 nelle acque di Riace a opera del sub dilettante
Stefano Mariottini, piuttosto triste.
DUE STATUE MALTRATTATE - Vero
è che si possono ammirare gratis, ovviamente supini. Ma a patto di sapere che
si trovano in quel posto. Pensate forse che la città di Reggio Calabria sia
disseminata di indicazioni su come raggiungere il luogo dove sono esposti?
Niente affatto. Dell'esistenza dei Bronzi di Riace non si trova traccia nemmeno
nella home page del sito Internet del Consiglio regionale che pure li ospita.
Bisogna cliccare sul link della «visita virtuale» al palazzo Campanella, quindi
entrare nella pagina del «Salone Federica Monteleone», cui è stato dato il nome
di una sfortunata studentessa sedicenne morta nel gennaio 2007 per un errore
medico, per apprendere che «l'aula attualmente ospita il laboratorio di
restauro dei Bronzi di Riace». Stop. Non una foto. Non una riga di spiegazione.
Come se la presenza di quelle meraviglie dell'arte classica senza paragoni nei
ritrovamenti archeologici di tutte le epoche storiche, non fosse niente più che
un trascurabile dettaglio.
Del resto, basta dare un'occhiata ai dati del ministero dei
Beni culturali per avere idea dell'attenzione che veniva riservata ai Bronzi di
Riace anche quando erano esposti nelle sale del museo ora chiuso. Le cifre dei
visitatori paganti durante gli ultimi tre anni di apertura lasciano
letteralmente di stucco: erano 61.805 nel 2007, 50.085 nel 2008, per scendere a
36.136 nel 2009. Ovvero, un ventisettesimo delle persone che erano accorse a
vedere i Bronzi a Firenze, trent'anni prima. Incasso del 2009, poco più di 132
mila euro: una miseria. Ma difesa con le barricate dalla città tutte le volte
che qualcuno ha provato a ipotizzare anche il semplice trasloco temporaneo,
naturalmente a pagamento, dei suoi inestimabili tesori fuori da Reggio
Calabria.
Basta ricordare come dieci anni fa il progetto dell'allora
governatore calabrese Giuseppe Chiaravalloti di realizzare copie delle due
statue da mandare in giro per il mondo fu contrastato da un comitato «contro il
trasferimento e la clonazione dei Bronzi di Riace» attraverso un referendum
popolare che vinse con 30.564 «no» contro appena 186 «sì». Da allora le cose
sono andate oggettivamente di male in peggio, come dicono i numeri: colpa delle
amministrazioni locali, del ministero, chissà. Fatto sta che oggi un analogo
«comitato per la valorizzazione e la tutela dei Bronzi di Riace» implora di
riaprire il Museo per rimetterli in piedi al più presto.
BISOGNA COMPLETARE I LAVORI ENTRO IL
2015 - L'ultima puntata della storia infinita riguarda la cosiddetta
«fase 2» del restauro del Museo della Magna Grecia. Si tratta di un progetto
che risale a qualche anno fa e prevede l'ampliamento sotterraneo degli spazi.
Autore, l'architetto Nicola Di Battista. Per realizzarlo si sarebbero resi
disponibili altri 10 milioni di fondi europei, ma l'associazione Amici del
Museo si è messa di traverso: le loro contestazioni riguardano il rischio di
pregiudicare eventuali resti della necropoli ellenistica che si trovano sotto
la costruzione. Senza poi contare i problemi sollevati dal Comune di Reggio a
proposito della viabilità. Eppure le chiacchiere stanno a zero. Quei denari
vanno tassativamente spesi entro il 2015, diversamente saranno perduti.
IL RITROVAMENTO - Il 16
agosto 1972 Stefano Mariottini (un giovane sub dilettante romano) si immerge
nel Mar Ionio a 300 metri dalle coste di Riace e ritrova casualmente ad 8 metri
di profondità le statue dei due guerrieri che diventeranno famose in tutto il
mondo come i Bronzi di Riace. l'attenzione del subacqueo fu attratta dal
braccio sinistro di quella che poi sarebbe stata denominata statua A, unica
parte delle due statue che emergeva dalla sabbia sul fondo del mare. Per
sollevare e recuperare i due capolavori, i Carabinieri del nucleo sommozzatori
utilizzarono un pallone gonfiato con l'aria delle bombole. Così il 21 agosto fu
recuperata la statua B, mentre il giorno successivo toccò alla statua A (che
ricadde al fondo una volta prima d’essere portata al sicuro sulla spiaggia).
È pubblicata la denuncia ufficiale depositata il 17 agosto
1972 con Protocollo N. 2232, presso la Soprintendenza alle antichità della
Calabria a Reggio
E pensare che in Calabria la disoccupazione giovanile è
arrivata al 53,5 per cento. Basterebbe investire di più sul turismo balneare e
quello culturale per dimezzare quella cifra. Ma il caso dei Bronzi di Riace è
l’emblema di come funzionano le cose ai piedi dell’Aspromonte.
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