ALLE URNE SI E’ RECATO SOLO IL 52% DEGLI AVENTI DIRITTO. IL
MOVIMENTO 5 STELLE NON SI E’ PRESENTATO, COSI’ COME IL NUOVO CENTRODESTRA.
CROLLO DEI CONSENSI PER TUTTI I PARTITI
Mentre Matteo Renzi cerca di racimolare qualche Ministro per
formare un nuovo Governo (a quanto pare pure pressato dall’imprenditore De
Benedetti) – il terzo in due anni – dando così pieno sfogo al suo irrefrenabile
arrivismo, in Sardegna si sono tenute le elezioni regionali nello sconforto più
totale. Solo un sardo su due si è recato alle urne, con alcune formazioni
politiche che non sono riuscite neppure a organizzarsi. O forse non ne hanno
avuta la voglia: il Movimento cinque stelle e il neonato Nuovo centro destra.
Un’isola depressa, tra varie vertenze sindacali, un turismo non sfruttato,
pescatori ostacolati nelle loro attività da anacronistiche servitù militari e allevatori
sottopagati. Non mancano comunque le colpe dei governatori locali, visto che la
Sardegna gode dello Statuto autonomo e dunque autogestisce le proprie risorse.
In questo quadro sconfortante, un Pirro che ha vinto comunque c’è: è Francesco
Pigliaru, sostenuto da una coalizione di centro-sinistra composta da 11
partiti, che tanto ricorda quella che sostenne per 18 mesi l’impallinato Romano
Prodi.
IL VINCITORE – Francesco
Pigliaru si è attestato al 42%. Nella sua coalizione, a parte il Pd col 22% e
Sel col 5%, ci sono altri 9 piccoli partitini tra l’uno e il due per cento.
«Sarò il presidente di tutti i sardi, di quelli che ci hanno votato, di quelli
che non ci hanno votato e soprattutto di quelli che non sono andati a votare».
Questo il commento di Pigliaru arrivato alle 17.10 nella sede elettorale del
centrosinistra di via Bottego a Cagliari. Camicia bianca e pullover verde,
molto rilassato, ha risposto alle numerose domande dei giornalisti:
«Affronteremo questa grande sfida con entusiasmo e faremo quello che abbiamo
detto, faremo una bella giunta per affrontare le priorità che abbiamo elencato:
istruzione, lotta alla disoccupazione, alle tasse ed alla burocrazia. La mia
sarà una squadra buona -ha detto Pigliaru riferendosi alla giunta regionale- e
adeguata alla sfida».
Le solite parole insomma. Ma chi è Pigliaru? Nato a Sassari,
è figlio del noto filosofo Antonio Pigliaru. Ha studiato al Liceo classico
Domenico Alberto Azuni di Sassari e si è laureato nel 1978 in Scienze Politiche
all'Università degli Studi di Sassari, ottenendo successivamente altri titoli
post-laurea. È professore ordinario di Economia Politica all'Università degli
Studi di Cagliari, di cui è, dal 2009, pro-rettore. È autore di circa trenta
pubblicazioni scientifiche. È stato nel consiglio di amministrazione del Banco
di Sardegna sotto la presidenza di Sebastiano Brusco.
Fa il suo ingresso in politica nel 2003, partecipando alla
formazione della lista “Progetto Sardegna” in vista delle elezioni regionali in
Sardegna del 2004 e contribuendo alla scrittura del programma della coalizione
di centrosinistra "Sardegna Insieme". Dopo la vittoria di Soru è
stato nominato assessore regionale alla programmazione e al bilancio, incarico
da cui si è dimesso nell'ottobre 2006 per alcune divergenze di carattere
politico con lo stesso presidente.
L’ADESIONE A LOTTA CONTINUA -
Spicca, da studente liceale, la sua militanza nell’organizzazione di estrema
sinistra Lotta continua. Una delle maggiori formazioni della sinistra
extraparlamentare italiana, di orientamento comunista rivoluzionario, attiva tra
la fine degli anni sessanta e la prima metà degli anni settanta. Diversi i
personaggi oggi famosi che vi aderirono, specie nel mondo del giornalismo. Tra
loro Gad Lerner, Paolo Liguori, Giampiero Mughini, Toni Capuozzo e il leader
Adriano Sofri. Quest’ultimo condannato per essere stato il mandante
dell’omicidio del Commissario Luigi Calabresi.
LO SCONFITTO - «Ho chiamato
Francesco Pigliaru quando ho visto che il distacco era ormai incolmabile e gli
ho fatto sinceri auguri, ma ora lo attende un compito non facile», ha commentato
il presidente della Regione uscente, Ugo Cappellacci, del centro-destra. «Non
credo nel loro progetto e penso che con undici partiti nella coalizione avranno
qualche problema di stabilità di governo», ha concluso Cappellacci. «La
politica è come la vita, è fatta di vittorie e sconfitte, la cosa importante è
essere animati da passione sincera: vogliamo combattere per i sardi, per le
battaglie storiche ed etiche, bisogna continuare a farle. Da oggi faremo
opposizione corretta ma dura», ha detto ancora Cappellacci. «Al centro - dice -
c’è la Sardegna e noi faremo le sentinelle».
La sua coalizione, composta da 7 partiti, si è fermata al
39,6%. Non è bastato dunque il solito comizio-show di Berlusconi a Cagliari,
che ha parlato di tutto e di più. Forza Italia ha raggiunto il 18,5%.
IL CROLLO GENERALE DEI CONSENSI
- Il voto complessivo indica che nelle elezioni Regionali sarde i due
principali partiti Pd e Pdl (Fi, perché Ncd non si è presentato nell'isola),
nati dalle aggregazioni del 2007 e 2008, hanno perso rispettivamente un quarto
(-26,3%) e la metà (-49,2%) dell'elettorato che li aveva scelti alle scorse
elezioni regionali del 2009.
I dati del 2014 sono stati messi a confronto con le
consultazioni analoghe del 2009 e con le elezioni politiche del 2013. In
particolare, nel complesso, il Pd nel 2014 ha perso 53.731 voti rispetto alle
precedenti elezioni omologhe. Ovvero oltre il 10% dei consensi avuti nel 2009
(-11,8%), ma con una distribuzione territoriale non lineare.
Nel caso del Pdl, la forza politica guidata da Berlusconi ha
perso in totale 122.327 voti fra il 2009 e il 2014.
Nel raffronto tra i risultati delle Politiche 2013 e le
Regionali 2014 il dato complessivo non cambia, complice anche l'elevata
astensione. Il Pd ha subito una contrazione di oltre un terzo del proprio
elettorato dello scorso anno (-35,4%). Il Pdl replica la prestazione negativa
anche confrontando il dato del 2014 con quello delle scorse Politiche. Circa un
terzo (-33,0%) dell'elettorato non ha ribadito il proprio voto.
Alla candidata outsider Michela Murgia non è riuscita
l’impresa di catalizzare il consenso, fermandosi al 10% dei voti. Ha avuto
comunque parole dure: «Ci hanno scelto 70mila sardi e solo una legge
liberticida e antidemocratica impedirà a queste persone di avere una
rappresentanza in Consiglio regionale».
Una cosa la sa fare: provvedere alla fidata clientela.
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