IL LEADER DEL PARTITO FIDESZ CONFERMATO CON QUALCHE SEGGIO
IN MENO RISPETTO AL 2010. AVANZA ANCHE L’ESTREMA DESTRA
L’Ungheria sceglie ancora Viktor Orban, il Premier autoritario
e anti-europeista che in questi anni, con le sue politiche ai limiti della
democrazia, ha fatto registrare dati economici molto positivi. Bissa così il
successo del 2010, passando però dal 52,7% del 2010 al 44,5%; ma in virtù della
riforma elettorale attuata “ad hoc” vanta ancora i 2/3 dei seggi. Ottimo anche
il successo dell’estrema destra, che si attesta al 20%. La coalizione di
centro-sinistra si è invece formata all’ultimo momento, fermandosi così al 26%.
IL SUCCESSO - “Altri quattro
anni” dunque, come scrivevano su cartelli improvvisati i sostenitori del
premier in carica, nella manifestazione pro-Fidesz del 29 marzo. Un corteo di
150mila persone, giunte soprattutto dalla campagna, che aveva riempito il
centro di Budapest di tricolori ungheresi e abiti tradizionali, fedeli alla
retorica nazionalista orbaniana. Scarno, invece, il sostegno all’opposizione,
che racchiude nella coalizione “Unità” un’ampia schiera di partiti: dai
socialisti di Attila Mesterhazy, sfidante ufficiale di Orban, fino ai verdi e
ai liberali. D’altronde, la coalizione ha deciso di formarsi solo il 23 gennaio
scorso; poco, dunque, il tempo per organizzare una campagna elettorale
massiccia, già ostacolata dai vincoli imposti dalla legge sui media (varata da
Orban subito dopo la vittoria del 2010) e dalla vera e propria “macchina da
guerra” scatenata da Fidesz, che in quattro anni si è costruita attorno una
fortezza economica e mediatica. Senza contare che l’Ungheria, ha votato con un
nuovo sistema elettorale, disegnato dal governo uscente in base alle sue
esigenze: i seggi da assegnare in Parlamento sono 199 (prima erano 386), e i
collegi sono stati accorpati (da 176 a 106) e ritagliati – denuncia
l’opposizione – in modo da favorire Fidesz. A tutto questo si aggiungono
200mila nuovi elettori, ai quali il diritto di voto è stato concesso proprio da
Orban: si tratta degli ungheresi “etnici” (non nati nel Paese, ma comunque di
discendenza magiara) fuori dai
confini, una moltitudine lasciata nei Paesi
confinanti dal Trattato di Trianon, che dopo la prima guerra mondiale spogliò
l’Ungheria di tre quarti del proprio territorio. Una ferita nazionale che
Viktor ha cercato di sanare, ricavandone una massa di voti certo non
determinanti, ma nient’affatto sgraditi.
Ed ecco che le previsioni dello scorso week-end trovano
conferma nelle percentuali raccolte dalle urne: mentre il duo Fidesz-KDNP (il
partito cristiano-decocratico alleato di Orban) trionfa con un 44,54% –
percentuale inferiore al 52,7% del 2010, ma che gli garantirà di nuovo i due terzi
dei seggi grazie alla nuova legge elettorale – l’opposizione deve accontentarsi
di un 25,99%, (pari a 38 seggi).
AVANZA ANCHE L’ESTREMA DESTRA -
La vera forza emergente ungherese è il
partito di estrema destra Jobbik, che conquista il 20,54% dei consensi. Fondato
nel 2003, il “Movimento per un’Ungheria migliore” – o “per un’Ungheria più a
destra”, secondo le molteplici sfumature della parola “Job” – è tacciato di
antisemitismo e antieuropeismo, e di aver scatenato una vera e propria “caccia
ai Rom”, che nel Paese rappresentano una comunità numerosa ma emarginata.
Jobbik è forte nelle periferie, nelle campagne e nelle zone più depresse del
Paese, dove la disoccupazione ha portato tanti cittadini alla disperazione. Già
nel 2010 il “partito nero” aveva raccolto il 17% dei voti; in queste settimane,
Budapest era tappezzata dei suoi manifesti elettorali, con il volto del leader
Gabor Vona (36 anni) in primo piano. Nel 2007, Vona fondò la “Magyar Garda”,
una sorta di milizia ungherese protagonista di ronde notturne in periferia e
nei paesini dell’Est. Tra il 2008 e il 2009 la giustizia ungherese ne decretò
lo scioglimento (perché “contraria ai diritti umani”); ciononostante, la
milizia si è riformata sotto altro nome. Sarà interessante capire quale
mutazione subirà il “partito nero”, che dovrà rendersi presentabile ora che la
sua presenza in Parlamento (dovrebbe ottenere 23 seggi) inizia ad avere peso.
Nei giorni scorsi, infatti, Jobbik ha cercato di allontanare l’immagine di
partito “neonazista” con cui è stato marchiato, soprattutto all’estero;
l’intento, probabilmente, è quello di accreditarsi come una forza simile a
quella del Front National di Marine Le Pen, in Francia, con un programma
economico nazionalista, populista e vicino alle necessità della sterminata
comunità rurale magiara. Vona, infatti, pensa già al 2018: «Alle prossime
elezioni vinceremo», ha dichiarato ieri a caldo, dopo i risultati definitivi.
I DATI IN SUO FAVORE - Orban
ha mantenuto la sua promessa più importante: portare l’Ungheria fuori dalla
crisi, che nel 2009 era esplosa facendo crollare l’economia del 6,8%. Il pil
ungherese, nel 2013, ha segnato un +1,1% (+2,7% solo nel quarto trimestre),
mentre le previsioni per il 2014 segnano una crescita del 2%. Giù anche la
disoccupazione (dall’11,8% di un anno fa all’8,6% del mese scorso) e i prezzi
del gas e dell’elettricità, grazie ai tagli alle tariffe imposti alle
multinazionali direttamente dal governo.
Poco importa, quindi, se Orban è considerato da tutti un
antieuropeo; l’Ue, di cui l’Ungheria fa parte dal 2004, è lontanissima dalle
campagne magiare, e probabilmente lo resterà a lungo. Perché è soprattutto
questo, il messaggio che il Paese ha lanciato con il voto di ieri: le nazioni
contano, e le politiche anti-crisi possono essere diverse, anche opposte a
quelle dettate da Bruxelles.
LE SUE POLITICHE AUTORITARIE MOLTO
CRITICATE - I provvedimenti emanati durante la sua seconda legislatura
(iniziata nel maggio 2010, mentre la prima risale al periodo 1998-2002) che
hanno destato più scalpore sono: la legge sulla cittadinanza ungherese concessa
anche a coloro che vivono al di fuori del paese ("Legge sulla
Naturalizzazione Semplificata"); per quanto riguarda l'informazione ha
formato un'unica agenzia di stampa, intervenendo in modo autoritario sulla tv
pubblica MTV; in ambito giudiziario ha posto il CSM Ungherese sotto il
controllo del Governo; ha riformato la Banca Centrale Ungherese, mettendola
nelle mani dell' esecutivo, e soprattutto ha riformato la Costituzione.
Di recente occorre menzionare il carcere preventivo
illimitato per i sospettati di omicidio fino al processo. Un’idea che
l’opposizione ha definito incostituzionale ma che incontra sicuramente il
plauso di un’opinione pubblica sempre più rancorosa e che tra due settimane
potrebbe già diventare legge. Attualmente il codice penale ungherese prevede
per un sospetto di omicidio la possibilità di una detenzione preventiva per un
massimo di quattro anni.
E poi la persecuzione dei mendicanti e dei senzatetto. Viene
proibito severamente il pernottamento nelle strade e nelle piazze in ogni
angolo del Paese: da ora ogni comune avrà dunque il diritto di scegliere quali
aree urbane vuole che siano off limits per i vagabondi, per poi procedere al
fermo di chi dovesse infrangere la regola, con pene che vanno dall'obbligo di
impiego nei servizi sociali fino all'arresto, passando per multe pecuniarie
(beato l’indigente che può permettersi di pagare una multa!). Secondo le stime
i senzatetto in Ungheria – paese in cui d’inverno le temperature raggiungono
quote bassissime – sarebbero tra i 30 mila e i 35 mila.
In un’Europa che mostra sempre di più la propria debolezza
politica ed economica, e vista sempre più lontana dalle reali esigenze dei
cittadini, politici come Orban, nazionalisti e autoritari, trovano ampio spazio
e consensi (vedesi anche Grillo e la Le Pen). Ma oltre al populismo c’è di più. I dati
sul Pil e sulla disoccupazione, nonché sulle politiche energetiche, mostrano
anche tanta concretezza da parte del suo Governo.
L'Ungheria ormai è un caso perso come moltissimi paesi dell'Est Europeo, rimpiangono il comunismo, la sua democrazia e la sua economia ma votano a destra.Vedi la Polonia.
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