Si chiama "Patto
per la salute", che ministero della Salute e Regioni si apprestano a
sottoscrivere entro giugno
Ogni Governo
che sale in cattedra cerca di far quadrare i conti del sistema sanitario, con
riforme che tendono a “razionalizzare” il servizio mediante tagli e
facilitazioni ridotte per gli utenti. Del resto, si sa, “paga sempre Pantalone”
e dunque poco importa se il deficit sanitario sia stato provocato da Lor
signori stessi, tra assunzioni spropositate in ruoli inutili, mentre mancano
infermieri e anestesisti; ruberie di farmaci; sottrazione di fondi destinati
all’acquisto di nuovi macchinari e posti letto. Del resto loro possono
permettersi le cure private, mentre un “povero Cristo” deve attendere mesi per
una visita in una clinica pubblica.
E così, dopo aver declassato alcuni farmaci a pagamento
dalla Classe A alla Classe C, rendendoli a pagamento, arriva l’ennesima riforma
della Sanità, chiamata "Patto per la salute", che ministero della
Salute e Regioni si apprestano a sottoscrivere entro giugno.
L’OBIETTIVO - Nelle
intenzioni del ministro Lorenzin, l'intesa porterà risparmi per 10 miliardi di
euro in tre anni, da reinvestire in ricerca e riammodernamento dei nostri
ospedali. E prevede di arrivare dagli attuali 109,9 miliardi del fondo
sanitario ai 115,4 del 2016. Meno di quanto previsto inizialmente perché le
risorse devono seguire l’andamento lento del Pil.
Mini
ospedali addio - Quelli sotto la soglia dei 60 posti letto dovranno
essere riconvertiti in strutture per l’assistenza nel territorio e la
riabilitazione, mentre le clinichette, salvo quelle mono specialistiche,
dovranno riaccorparsi fino a raggiungere la dotazione di almeno 100 letti o
chiudere i battenti. Ma gradualmente, per evitare contraccolpi negativi sul
piano occupazionale. Sulla carta a rischio sarebbero 192 strutture private,
anche se, alla fine, a chiudere i battenti saranno la metà. Nel pubblico,
invece, sono 72 gli ospedali coinvolti dalla riforma. In totale oltre 2800
posti letto da trasformare in assistenza sul territorio. Anche perché,
statistiche alla mano, ospedali o cliniche troppo piccoli significano più
possibilità di incappare in errori sanitari.
Il «Piano esiti» del ministero fornisce la mappa dei reparti
che trattano troppo pochi casi per essere sicuri o di quelli con risultati dal
punto clinico insoddisfacenti. Per loro un tratto di penna rossa che vale circa
7mila posti letto.
Stop ai
rimborsi facili - Linee guida diranno ai medici quando una cura o un
accertamento saranno rimborsabili oppure no. Esempio: la Tac per un sospetto
menisco dell’ultraottantenne no, per una sospetta lesione cerebrale sì.
ARRIVANO LE
CASE DELLA SALUTE - Le case della salute dovranno garantire assistenza
h24 e accertamenti diagnostici meno complessi, ospitando team di medici di
famiglia, specialisti e infermieri. Faranno da filtro al pronto soccorso. Se ne
parla da molto ma ora diventano un vincolo per le Regioni.
Pagamenti
- Metà degli italiani è esente dal ticket e sono quelli che consumano l’80%
delle prestazioni sanitarie. In compenso chi li paga si svena per visite
specialistiche e diagnostica, alle quali, per questo motivo, rinunciano ogni
anno 6 milioni di italiani. Di qui l’idea di rivedere le esenzioni, non più
agganciate al reddito Irpef, che premia gli evasori, ma a quell’indicatore più
reale della ricchezza che è l’Isee. Corretto in questo caso premiando chi ha
più familiari a carico, anziani e malati cronici. Questi ultimi non sarebbero
però più esentati se hanno un reddito Isee alto.
(Fonte: Libero)
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