AI QUALI VANNO AGGIUNTI QUELLI PRIMA DELLA DISCESA IN CAMPO,
QUANDO IL COMICO PREDICAVA NEGLI SHOW
Al Movimento cinque stelle va dato atto di aver “costretto” un
minimo i partiti a ravvedersi, ringiovanendo le liste, inserendo più donne,
diventando più trasparenti. La pressione esercitata da Grillo e i suoi ha avuto
un indubbio effetto benefico sulla politica italiana. Certo, soprattutto di
facciata, ma è già un inizio. Peccato però che il partito, per quanto nuovo, scada
anch’esso nella solita personalizzazione della politica, con un leader che
pensa e agisce per tutti e gli altri che si accodano con zelo scientifico in
attesa di una poltrona. Un’americanizzazione introdotta da Berlusconi vent’anni
fa e che ora ha infettato pure la sinistra (o ciò che ne resta). Vedi Pd e
Renzi. L’atteggiamento padronale di Beppe Grillo, dopo il boom elettorale di un
anno fa, non ha fatto altro che acuirsi; con i suoi parlamentari ridotti a
yes-man e spremi-bottoni in Parlamento. Il quale però ha sbattuto il muso
contro la delusione alle elezioni europee. Forse gli elettori hanno voluto
farglielo notare, facendo pagare altresì al comico genovese le sue tante
incoerenze e atteggiamenti contraddittori, elencati di seguito. Ai quali vanno
aggiunti i tanti legati al suo passato, riassunti qui.
MILITARI NO, MARO’ SI’ –
Partiamo proprio dalla più recente, quella del 2 giugno. Pare infatti sia
ovvio, nella medesima giornata e alla medesima ora, trascurare la parata del 2
giugno e sostenere che un «Paese senza rispetto dei suoi militari è un Paese
senza dignità». I militari in questione sono i due marò detenuti in India e
senz’altro i parlamentari a cinque stelle non trovano contraddizione fra le
cose fatte e le cose dette.
LA CAMPAGNA ELETTORALE AMBIGUA
- Del resto la campagna elettorale delle Europee è stata condotta sull’accusa
di voto di scambio rivolta a Matteo Renzi per gli ottanta euro in busta paga,
mentre la promessa di un reddito di cittadinanza «è un’idea seria e concreta»,
come ha detto Beppe Grillo a Bruno Vespa. Il quale Vespa era stato premiato,
dopo sondaggio online promosso proprio da Grillo, col microfono di legno per il
«giornalista più fazioso». Così l’uomo indisponibile alla corruzione
televisiva, alla fine in tv ci è andato, è andato giustamente dal «più fazioso»
e alla fine l’ha elogiato: «Vespa è stato corretto».
Per non parlare del fatto che Grillo ha accentuato nelle
piazze il proprio populismo, venendo ad esempio a Napoli dove ha preso le
difese di Genny a’ carogna (trovandosi in una piazza popolare, una dei nidi,
tra l’altro, degli ultras partenopei) per poi andare altrove e parlare bene
della polizia.
LA RAI - Una sentenza chiama
sempre una controsentenza e poi una sentenza successiva con immediato
ribaltamento. In questi giorni il presidente della commissione di Vigilanza
della Rai, il grillino Roberto Fico, esprime perplessità sui 150 milioni di
euro chiesti dal governo alla tv pubblica: «Non rappresentano purtroppo una
revisione di spesa ma sono la maschera per svendere parte di Raiway, la società
che detiene l’infrastruttura pubblica di trasmissione».
Alla presidenza della commissione Fico ci era arrivato
perché, disse Grillo un anno fa, la Rai offre «propaganda gratis a spese di
tutti i contribuenti italiani che hanno ripianato la perdita di 200 milioni di
euro del 2012».
RENZI - Renzi taglia? Non è
così che si taglia. Si propone la cancellazione delle province? Non è così che
si cancellano le province. Fine del bicameralismo paritario? Non è così che se
ne decreta la fine. A un anno e qualche mese dall’inizio della legislatura, il
Movimento non ha trovato un punto di incontro su alcun argomento con alcun
partito, a costo di sembrare incoerente e prevenuto. Del resto Grillo non
voleva nemmeno incontrare Renzi nei giorni precedenti alla formazione del
governo; interpellò la rete che diede indicazione opposta: vai a sentire che ha
da dirti. Grillo partì da Sanremo, giunse a Roma dopo sei o sette ore di
automobile, si presentò da Renzi e gli disse: con te non ci parlo. Fine. Addio.
DOVE SONO FINITE LA DEMOCRAZIA E LA
TRASPARENZA? È stata l’ultima volta che abbiamo visto Grillo in
streaming. Eccolo, streming: uno dei termini fondamentali del vocabolario
grillino. Manderemo tutto in streaming. Trasparenza. La casa di vetro. Già alle
prime riunioni dei parlamentari grillini negli hotel romani la diretta
streaming funzionava forse che sì forse che no, ma più probabilmente no. Oggi
non interessa più a nessuno: Grillo vola a Londra a incontrare
l’ultraconservatore Nigel Farage, e non se ne sa niente, impossibile vedere,
vietato ascoltare. Si installano le basi di un’alleanza imprevedibile («non ci
alleiamo con nessuno, la demolizione è cominciata», diceva Grillo un anno fa e
lo ha ripetuto per l’anno successivo) e stordente, visto che l’Ukip ha accenti
xenofobi e, per stare su questioni più centrali della politica a cinque stelle,
sostiene l’energia nucleare.
LA COSTITUZIONE - Più
complicato orientarsi sulle elevate questioni costituzionali, risolte da Grillo
con linguaggio classico e sincero: «La Costituzione non è carta da culo». Ha
stilato un elenco così di stupratori di legge fondamentale, e però dentro il
suo gruppo ha reintrodotto il vincolo di mandato - cioè l’obbligo di votare in
conformità col partito - previsto solamente nelle costituzioni del Portogallo,
dell’India, del Bangladesh e di Panama.
LE DIMISSIONI MANCATE - Si
passa dal «siamo andati oltre la sconfitta» del 26 maggio a «la nostra
affermazione è stata trasformata in una Caporetto, una Waterloo» di quarantotto
ore dopo. No sconfitta no dimissioni. Anche perché, dice Grillo, «dimettermi da
che? Non ho cariche». Aveva detto: «Se perdo vado a casa sul serio». È tutto
buono. Uno vale l’altro. E poi, al massimo, Grillo scherzava.
Comunque, per i motivi enunciati nell’incipit, speriamo che
il M5S aggiusti i propri difetti interni. I quali sono pure normali essendo il
movimento neofita della politica “reale”. Perché in fondo può continuare ad
essere un antidoto valido contro la malapolitica. Lo dico da non elettore del
Movimento, ma da disgustato della politica italiana.
(Fonte: La
Stampa)
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