L’autore di diversi film d’animazione di successo aveva
criticato il giornale per le sue vignette sull’Islam, beccandosi un “ridicolo”.
Ma dal ’92 la rivista ha inanellato una serie di azioni alquanto liberticide
Charlie Hebdo, rivista satirica francese con sede a Parigi
di cui pochi (se non francesi, e nemmeno tutti) conoscevano l’esistenza. Fino a
quel terribile attentato avvenuto il 7 febbraio scorso, alle 11:30, nel quale sono
morte dodici persone (tra cui il direttore) e undici sono rimaste ferite. L'attentato
è stato rivendicato da Al-Qaeda nella Penisola Arabica (o Ansar al-Sharia),
branca yemenita di Al-Qaeda. La testata, fondata nel 1970, pubblica vignette e
articoli caustici e dissacranti nei riguardi della politica (soprattutto
soggetti di estrema destra) e ogni tradizione religiosa (in particolare il
Cattolicesimo, l'Islam e l'Ebraismo). La querelle con gli islamisti è iniziata
nel febbraio 2006, quando Charlie Hebdo ha ripubblicato la serie delle
caricature di Maometto del giornale Jyllands-Posten che avevano già scatenato
forti proteste. Nella notte tra il 1° e il 2 novembre 2011 la sede del giornale
era stata distrutta a seguito del lancio di bombe Molotov, appena prima
dell'uscita del numero del 2 novembre che ironizzava sulla vittoria del partito
fondamentalista islamico nelle elezioni in Tunisia. Il sito internet della
rivista è stato anch’esso bersaglio di un attacco informatico. Poi altre
vignette lo scorso autunno, autentiche “gocce
che hanno fatto traboccare il vaso”. Oggi la sede del giornale è
regolarmente controllata dalla polizia. Ma questa rivista è davvero così
libertaria? A giudicare dalla sua storia degli ultimi 23 anni si direbbe
proprio di no. Ultimo atto è stato l’attacco al regista giapponese Hayao
Miyazaki, icona vivente dei film di animazione.