mercoledì 4 gennaio 2012

LO STERMINIO DEGLI ELEFANTI AFRICANI PER OPERA DEI CINESI


CAUSA IL TRAFFICO ILLEGALE DI AVORIO

I tempi cambiano e pure i colonizzatori. Se fino a qualche decennio fa a sfruttare le risorse africane erano i Paesi europei (soprattutto Olanda e Francia, ma anche noi vantavamo qualche colonia), ora a fare la parte del leone – o forse sarebbe meglio dire della Tigre, asiatica appunto – è la Cina; Paese che sta provocando un autentico sterminio di elefanti e rinoceronti. Causa principale di questo mammifericidio è la caccia esasperata al pregiato avorio contenuto nelle loro zanne, ma anche la costruzione di strade che necessitano di spazio e dunque della rimozione di tutti gli ostacoli naturali presenti nella zona di destinazione.

LA STRAGE DI ELEFANTI - I sequestri, negli ultimi dodici mesi, si sono moltiplicati e gli esemplari abbattuti dai bracconieri sono circa 3.000. Le autorità malesi, di recente, hanno requisito zanne di elefante dirette in Cambogia, per un valore di oltre un milione di dollari. La merce illegale era stipata in contenitori di finto artigianato keniota. La domanda cinese è in crescita perché gli accessori in avorio sono considerati uno status symbol tra i nuovi ricchi. E non accenna a diminuire la richiesta di corna di rinoceronte, considerate terapeutiche malgrado la medicina ufficiale ne abbia ribadito la totale inefficacia. Traffic denuncia l'ombra della mafia cinese nel commercio di elefanti: fenomeno parallelo ai maxi investimenti asiatici nel continente africano. Tom Milliken, esperto dell'organizzazione con sede nello Zimbabwe, osserva: «L'impennata nella caccia e nel traffico illegale delle specie protette è dovuta all'infiltrazione della criminalità cinese, che ha stretti legami con le società africane».
L'esito – come conferma Jason Bell, direttore del programma per la difesa dei pachidermi in una fondazione animalista di Yarmour Port, nel Massachusetts – potrebbe essere disastroso: «I dati sull'Africa Centrale sono allarmanti. Se si continua di questo passo, in alcuni Stati come il Chad gli elefanti potrebbero scomparire». Il pericolo di estinzione è alto anche in Congo, nel nord del Kenya, nella Tanzania meridionale e nel Mozambico settentrionale. Complice la corruzione diffusa, che lascia impuniti i cacciatori di frodo: «L'avranno vinta – teme Milliken – dato che alle requisizioni non seguono mai gli arresti». Motivo per cui gli scambi illeciti sono in aumento: i maxi sequestri, quest'anno, sono saliti a 13 contro i 6 del 2010, per un peso complessivo di circa una tonnellata. Solo nella riserva di Selous Game, in Tanzania, sono stati abbattuti 50 elefanti. Le spedizioni clandestine transitano, per lo più, via mare: le casse viaggiano con documenti falsi e la connivenza di ufficiali corrotti. Non solo: una quota significativa della merce sequestrata proviene da riserve governative, nelle quali confluiscono le zanne confiscate e quelle degli animali morti.

E QUELLA DI RINOCERONTI - La situazione è critica anche per i rinoceronti: in Sudafrica ne sono stati eliminati 443, un centinaio in più rispetto all'anno scorso, nonostante il governo abbia schierato l'esercito al Kruger National Park per fermare la mattanza. La riserva naturale ospita più di 10.000 esemplari bianchi e 500 neri, mentre in tutto il Sudafrica si concentra il 90% della specie sopravvissuta nel continente. Stessa sorte per gli elefanti, che dagli anni Ottanta sarebbero più che dimezzati: i superstiti sono 600mila, a fronte di una popolazione stimata tra i 5 e i 10 milioni, prima del colonialismo.

LA STRADA COSTRUITA DAI CINESI CHE HA RIAPERTO LA CACCIA - Il fenomeno era quasi scomparso con il divieto dell'89, salvo riesplodere con l'escalation cinese. Un recente rapporto dell'Amboseli National Park, in Kenya, evidenzia come, negli ultimi trent'anni, non sia siano registrati episodi di caccia nell'area protetta. L'idillio si è spezzato due anni fa, con la costruzione di una superstrada a due chilometri dal parco. L'impresa vincitrice dell'appalto, guarda caso, è cinese. E il numero di elefanti scomparsi, da allora, è già salito a quattro.
La controversia sulla strada a lunga percorrenza risale all'aprile di due anni fa, quando la cinese Sinohydro – come denunciato dall'Amboseli Trust for elephants – inizia a sventrare l'area a colpi di esplosivo, per aprire una cava rocciosa. Il cantiere si accampa a ridosso di un corridoio, vitale per il passaggio degli elefanti e di altri animali selvatici, che collega l'Amboseli National Park al Kimana Sanctuary e ai parchi di Tsavo and Chyulu. 

LE PROTESTE - Le associazioni ambientaliste insorgono, appellandosi al veto della Nema (National Environmental Management Authority). La voragine infatti, necessaria per costruire la strada tra Emali e Oloitoktok, ricade nell'area protetta di 1.200 ettari di Osupuko, costituita nel 2008 da 50 proprietari terrieri della comunità di Kimana e concessa in affitto alla Africa Wildlife Foundation. Gli stakeholder contestano che il cantiere, situato sul lato sinistro della strada, proprio accanto al Kimana Wildlife Sanctuary, violi la valutazione d'impatto ambientale del 2007, in base alla quale non dovrebbe sorgere nella zona destinata al pascolo e con funzione di corridoio migratorio. La loro istanza è che la Sinohydro, nel rispetto delle leggi keniote, individui un sito più idoneo. La campagna di sensibilizzazione, però, non riesce a invertire la rotta: malgrado lo stop ai lavori deciso dalla Nema, il commissario del distretto di Oloitoktok, David Ole Shege, autorizza gli scavi. Le autorità locali sarebbero favorevoli all'intervento sia per questioni logistiche – migliore viabilità e tempi di percorrenza ridotti – sia perché attrarrebbe turisti. Il proprietario dei terreni tuttavia, il signor Kiikiya, ha già un contratto d'affitto con l'Africa Wildlife Foundation. La questione sarebbe puramente economica: i cinesi avrebbero offerto un canone più alto e si sarebbero impegnati ad assumere quattro figli di Kiikiya. Il commissario del distretto, David Ole Shege, avrebbe obiettato che il presunto accordo con l'Africa Wildlife Foundation, per essere valido, avrebbe dovuto essere avallato dalla Commissione per il controllo della terra. Il presidente dell'organo di vigilanza, però, è la stessa persona, ovvero Shege. Gli ambientalisti, oltre alle gravi ripercussioni sull'ecosistema, temono da subito la recrudescenza del traffico illegale di specie protette.
L'Amboseli Trust for elephants è il primo a lanciare l'allarme: «Ci risulta che i cinesi – a raccogliere la denuncia è il Teyie Report – acquistino zanne di elefante e carne di frodo». Già nel 2007, l'Interpol aveva sequestrato in Kenya 113 pezzi d'avorio, per un peso complessivo di 358 chili: dei 36 arrestati, tra intermediari e trafficanti, tre erano cinesi. L'anno dopo, altri quattro asiatici sono finiti in manette all'aeroporto Jomo Kenyatta, mentre tentavano di portare via dal Paese zanne di elefante.

5 commenti:

  1. Non le posso reggere ste cose, cinesi o di qualsiasi altra nazionalit i bracconieri io li piglierei a calci in qlo dalla mattina alla sera ecco!

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  2. Io non ce l' ho coi cinesi, però questo è un crimine. E contro eco_mafia e bracconieri criminali ricorrerei alle armi, senza neppure processo. Manderei contro di loro l' esercito con l'ordine di sparare a vista, abbattere cioè i bracconieri sorpresi proprio come loro massacrano quei poveri anumali.

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  3. Mi sono permessa di portare questo link in fb - dimmi se posso -
    Discusso con giovani cinesi, ma non sanno nulla del colonialismo del loro paese o non vogliono sapere. Molto esauriente e utile questo articolo. an ma

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  4. Ciao Anna. Hai fatto benissimo, anzi grazie mille. Spero troverai altre volte utile il mio blog :)
    Luca

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