I BROGLI DEI TESORIERI DI MARGHERITA E LEGA, CHE AVREBBERO
USATO PER ALTRI FINI I RIMBORSI ELETTORALI, RIMETTONO SOTTO I RIFLETTORI I
LAUTI FINANZIAMENTI PUBBLICI CUI GODONO I PARTITI. PERALTRO GIA’ ABROGATI
INUTILMENTE DAGLI ITALIANI NEL ‘93
Prima Lusi, poi Belsito. Prima centro-sinistra (ex
Margherita) poi centro-destra (Lega Nord). Stessa storia di tesorieri di
partiti dall’atteggiamento poco pulito e peculativo. E stessa presa di distanza
dei loro leader, i quali si dichiarano inconsapevoli di quanto stesse
avvenendo; Bossi si è perfino dimesso dalla carica di Segretario. Due storie che riconducono a quel vergognoso meccanismo del
finanziamento pubblico ai partiti. Ma andiamo con ordine. Ripercorriamo prima
la vicenda dei due tesorieri e poi affrontiamo quest’ultimo.
IL CASO DI LUIGI LUSI – Luigi
Lusi, 50 anni, abruzzese, è stato co-tesoriere nazionale e legale
rappresentante di Uniti nell´Ulivo e tesoriere europeo dello European
Democratic Party dal 2004. Dal 2005, co-tesoriere nazionale e Legale
rappresentante dell´Unione. Eletto per la prima volta al Senato nel 2006,
confermato nel 2008 per il Partito Democratico.
Lusi avrebbe gestito come se fossero suoi rimborsi
elettorali e altri finanziamenti provenienti dal Partito democratico. Per
questo è indagato per appropriazione indebita dalla Procura di Roma, ma
l'inchiesta non è terminata.
Secondo gli accertamenti del nucleo Tributario della Guardia
di Finanza, tra il 2008 e il 2010, sul conto intestato alla Margherita
sarebbero stati accreditati i rimborsi elettorali che, per legge, spettano al
partito dal 2006 e per i successivi cinque anni. Era l’abruzzese Lusi a gestire
il conto su cui sono depositati i soldi della Margherita, in qualità di
fiduciario di un partito sparito dal Parlamento, ma ancora esistente dal punto
di vista legale. «E il tesoriere», si legge sul Messaggero, «avrebbe sottratto
circa tredici milioni per fini personali: operazioni immobiliari, pagamento di
tasse e infine il trasferimento su altri conti. Passaggi complessi realizzati
utilizzando alcune società, individuate dagli investigatori e tutte
riconducibili al senatore».
Lusi ha ammesso gli addebiti e si è impegnato a restituire
fino all’ultimo centesimo. A segnalare i movimenti sospetti alla Guardia di
Finanza era stato l’Uif di Bankitalia, l’ufficio che contrasta e vigila sulle
operazioni in odore di riciclaggio. «Quelle cifre troppo alte spostate nel giro
di brevi periodi avevano fatto scattare l’allarme, finendo nella routine dei
controlli».
LA MARGHERITA PRENDE LE DISTANZE
- Negli uffici giudiziari è stato chiamato anche Francesco Rutelli, persona
informata dei fatti e futura parte offesa nel procedimento giudiziario. Rutelli
ha spiegato ai pm di essere all’oscuro delle movimentazioni bancarie, di avere
sempre nutrito cieca fiducia in Lusi e di ignorare quanto accaduto.
Una nota congiunta dei vertici della Margherita prende le
distanze dal senatore. «Abbiamo appreso con sconcerto, alcuni giorni fa, che il
senatore Lusi aveva confessato innanzi all’autorità giudiziaria di essersi
appropriato di ingenti somme di denaro di proprietà della Margherita-Dl»,
scrivono il presidente, Francesco Rutelli, il presidente dell’assemblea
federale Enzo Bianco e il capo della tesoreria Giampiero Bocci: «La notizia
incredibile per la personalità di Lusi, che ha goduto della massima stima e
fiducia degli organi del partito anche concorrendo a fare della Margherita un
raro caso di partito con bilanci sani e in attivo. Ciò ci ha indotto a dare
corso immediato a tutte le azioni giudiziarie come parte offesa e ad attivare
gli accertamenti necessari per la verifica delle modalità dell’ammanco».
IL CASO DI FRANCESCO BELSITO
– E veniamo a quanto commesso da Belsito. Almeno a partire dal 2010, centinaia
di migliaia di euro, provenienti dai rimborsi elettorali della Lega Nord e
indicati falsamente nei bilanci, sono stati usati «per pagamenti e impieghi,
anch'essi non contabilizzati o contabilizzati in modo non veritiero»
finalizzati ad «esborsi effettuati per esigenze personali di famigliari del
leader della Lega Nord» Umberto Bossi.
«Si tratta di esborsi in contanti o con assegni circolari o
attraverso contratti simulati» che sarebbero servirti per l'acquisto di case
(una in piazza Cinque Giornate a Milano, a due passi da palazzo di Giustizia,
valore un milione di euro), auto, viaggi, alberghi, cene dei figli del leader
del Carroccio, di sua moglie e della senatrice Rosi Mauro, ex vicepresidente
del Senato e segretario generale del Sinpa, il sindacato padano, nonché considerata
a capo del cosiddetto «cerchio magico», la cerchia ristretta che avrebbe da
tempo preso la leadership del partito.
In particolare, vi sarebbero stati versamenti anche per
pagare la campagna elettorale del «Trota», ovvero del primogenito di Bossi,
Renzo, e perfino per ristrutturare la villa del leader a Gemonio. Ciò
nonostante, «allo stato non vi sono evidenze» che Bossi sia stato compartecipe
di questa «spoliazione» del partito e per questo, spiegano in Procura, non è
stato iscritto sul registro degli indagati. Non è escluso però che debba essere
presto sentito come testimone visto che in un’intercettazione si parla
chiaramente di spese che avrebbero finanziato «i costi della famiglia».
a consentire questo flusso di denaro illecitamente sottratto
dalle casse della Lega, secondo le accuse della Procura milanese, sarebbe stato
il segretario amministrativo del Carroccio ed ex sottosegretario alla
semplificazione nell’ultimo governo Berlusconi, Francesco Belsito, indagato per
truffa aggravata ai danni dello Stato, appropriazione indebita e riciclaggio,
nonché fortemente sospettato per contatti con personaggi della malavita
organizzata calabrese e per questo, da ieri sera, dimissionario.
L'uomo dalla doppia laurea falsa, ex autista e buttafuori,
assurto ai vertici della politica italiana come sottosegretario e tesoriere
della Lega nonché vicepresidente di un colosso come Fincantieri, è il vero
epicentro del terremoto che ieri ha travolto il Carroccio, con le perquisizioni
iniziate all'alba della sede di via Bellerio e l’interrogatorio di diversi
funzionari e dipendenti del partito tra cui Daniela Cantamessa, una delle
segretarie di Bossi.
Secondo gli inquirenti la gestione allegra di Belsito dei
fondi del movimento padano, sfociata nella controversa operazione di
investimenti in Tanzania, nel fondo Krispa a Cipro e in corone norvegesi,
avrebbe da una parte sottratto denaro alla stessa Lega, che risulta dunque come
parte lesa, e dall'altra falsificato i bilanci del partito per percepire
rimborsi elettorali (18 milioni di euro l’ultimo incasso nell’agosto del 2011)
a fronte di «una validazione del rendiconto 2010 sul quale vi è prova di
falsità».
COINVOLTE ANCHE NAPOLI E REGGIO
CALABRIA - L'inchiesta in realtà ha una triplice testa e coinvolge anche
le Procure di Napoli e la distrettuale antimafia di Reggio Calabria per i
contatti intrattenuti da Belsito con esponenti della malavita organizzata,
attraverso un intermediatore ligure, Romolo Girardelli, sfociate in alcune
operazioni di sospetto riciclaggio in Svizzera con la cosca reggina dei De
Stefano.
Proprio da un'intercettazione della Procura di Reggio salta
fuori il nome del tesoriere della Lega, pescato al telefono mentre chiede il
supporto di una società fiduciaria con sede a Lugano, la Doge sa, «per la predisposizione
di strutture societarie attraverso le quali giustificare il trasferimento
all’estero di denaro detenuto in Italia».
BOSSI SENIOR E JUNIOR NE PRENDONO LE
DISTANZE - «Vogliono colpire la Lega e quindi colpiscono me, mi sembra
che sia iniziata la prossima campagna elettorale». Così Umberto Bossi
all'uscita da via Bellerio, dopo dieci ore passate nella sede leghista. Il
Senatur ha aggiunto: «Denuncerò chi ha utilizzato i soldi della Lega per
sistemare la mia casa. Io non so nulla di questa cose. D’altra parte avendo
pochi soldi non ho ancora finito di pagare le ristrutturazioni di casa mia».
Queste le dichiarazioni al termine di una delle giornate più
dure per il il segretario federale. Il quale, come detto, si è anche dimesso. Maroni ha subito chiesto le dimissioni di Belsito e da questa vicenda acquista ancora maggiore forza per la futura leadership.
IL MECCANISMO DEI SOLDI PUBBLICI AI
PARTITI - Con il referendum che proponeva l'abrogazione della disciplina
del finanziamento pubblico ai partiti nell'aprile del '93, la stragrande
maggioranza degli italiani (il 90% dei votanti) si pronunciò a favore dei
quesiti allora promossi da Radicali Italiani. Nonostante l'intervenuta
abrogazione, il Parlamento riscrisse la disciplina oggetto della tornata
referendaria semplicemente sostituendo il "finanziamento pubblico ai
partiti" con i "rimborsi elettorali" (anche detti
"contributi per le spese elettorali"). Un ritorno in piena regola
allo status quo, stante il principio secondo cui il referendum, nel nostro
impianto costituzionale, abroga le norme oggetto dei quesiti non vincolando
sotto l'aspetto giuridico il legislatore futuro.
Non pago, negli anni successivi, il legislatore è riuscito nell'impresa di
ampliare le maglie dell'erogazione dei già generosi rimborsi: non
corrispondenza tra i contributi erogati e le spese realmente effettuate, modifica del rimborso per elettore con il
passaggio all'euro (da 4.000 Lire a 4 Euro), abbassamento del quorum per
ottenerli (dal 4% al 1%), ed infine - con la legge n. 51 del 2006 -
attribuzione ai partiti dei contributi per tutti e cinque gli anni della
legislatura indipendentemente dalla sua durata effettiva.
SOLDI A PIOGGIA, ANCHE A PARTITI CHE
NON ESISTONO PIU’ - In base a quest'ultimo principio, il senatore Luigi
Lusi e tutti gli altri tesorieri dei partiti che si sono presentati alle
elezioni politiche dell'aprile 2006, si sono trovati a gestire i rimborsi
elettorali di un'intera legislatura
(2006-2011) terminata prematuramente a causa della sfiducia subita dal governo
Prodi in Senato nel gennaio 2008 e a seguito del contestuale scioglimento delle
camere ad opera del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Non è tutto. Dall'ottobre del 2007 in avanti, l'ormai ex
tesoriere della Margherita ha amministrato il patrimonio di un partito
politicamente non più esistente, stante lo scioglimento della formazione guidata
da Francesco Rutelli e la nascita del Partito democratico. Ma non solo Lusi, evidentemente. Basti
pensare a Forza Italia e Alleanza Nazionale, confluiti nel Popolo della Libertà
nel marzo del 2009, o ai Democratici di sinistra , soci fondatori del Pd insieme
alla Margherita. Partiti non più rintracciabili nella scheda elettorale ma
destinatari comunque di notevoli contributi pubblici per le spese elettorali
sostenute.
Di Lusi e Belsito nei vari partiti ce ne sono. Fin quando
questi ultimi saranno destinatari di cifre esorbitanti, a dir poco superflue
rispetto alle attività che svolgono, i tesorieri saranno tentati a spendere e
spandere in attività del tutto estranee ai fini politici. Di qui la necessità
di ridurre drasticamente il finanziamento pubblico ai partiti, ad esempio
rimborsando solamente le spese strettamente necessarie alle attività svolte con
tanto di ricevute comprovanti. Inoltre, i partiti devono rendere noto nel loro
pubblico Statuto le varie tipologie di tesseramento previste e limitarsi a
questa forma di finanziamento; vietando che ad essi giungano “libere offerte”
da parte di imprenditori, dietro le quali magari si nascondono poi tangenti.
Vedremo mai quel giorno?
non cambierà nulla, tranquillo...cambieranno nome, ma i danè arriveranno sempre...
RispondiEliminaBene ha fatto bossi a dimettersi, anche perchè i contorni dello scandalo che ha colpito il suo partito e la sua famiglia si aggravano giorno dopo giorno. Più che al cuore il Senatur ha sempre parlato alla pancia delle persone… e lo ha sempre fatto con tutto un bagaglio di intolleranza e razzismo, che è andato dalle provocazioni più stupide per arrivare agli attacchi più incivili. La Storia lo ricorderà senz’altro, ma non credo che la sua figura si farà rimpiangere…
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