ULTIMA VITTIMA STEFANO BORGONOVO. I GIOCATORI DI CALCIO SI
AMMALANO 7-8 VOLTE DI PIU’ DELLE PERSONE COMUNI
Stefano Borgonovo ha perso la sua personale battaglia contro
la SLA - acronimo di Sclerosi Laterale Amiotrofica - una malattia degenerativa
del sistema nervoso che porta a una progressiva disabilità motoria. Aveva 49
anni e aveva scoperto di esserne afflitto dal 2005, quando ha presentato i
primi sintomi. Nel 2008 l'annuncio pubblico e la creazione della Fondazione
Onlus che porta il suo nome. Stefano Borgonovo per molti, però, è stato
qualcosa di più di un semplice ex giocatore colpito da una malattia incurabile:
è stato un campione di vita dentro e fuori dal campo. Divenne il simbolo alla
lotta di questa patologia che lui definiva “la stronza” e che colpisce in modo
evidente soprattutto i calciatori, al punto che il Pm Raffaele Guariniello ha
deciso qualche anno fa di indagare.
LA MALATTIA - La Sclerosi
Laterale Amiotrofica (Sla) è una malattia degenerativa del sistema nervoso che
porta a una progressiva disabilità motoria. Negli stadi avanzati, questa
condizione compromette anche le funzioni che garantiscono la sopravvivenza
dell‘individuo, come la capacità di nutrirsi e la respirazione. Il processo
degenerativo alla base della Sla è la morte dei motoneuroni, particolari
cellule nervose che si trovano nella corteccia cerebrale e nel midollo spinale.
Queste cellule sono essenziali per il controllo dei movimenti volontari: la
loro distruzione compromette le più elementari funzioni motorie, paralizzando
il malato in maniera irreversibile.
Ogni anno 3 italiani su 100.000 si ammalano di Sla, senza
significative differenze di genere e con una maggior tendenza a sviluppare la
malattia dopo i 40 anni. L’incidenza sembra più rilevante tra gli sportivi, in
particolar modo tra i calciatori.
LA RELAZIONE CALCIO-SLA - Questa
particolare osservazione ha suscitato l’interesse della ricerca scientifica e
dell’opinione pubblica: sono state formulate infatti numerose ipotesi che mettono
al centro del processo degenerativo diversi fattori ai quali i giocatori di
calcio sono particolarmente esposti.
Una tra le teorie più dibattute è l’associazione tra farmaci
dopanti e Sla, tesi supportata dalle indagini del procuratore Raffaele Guariniello,
che ha raccolto un campione di 24.000 calciatori italiani di Serie A, B e C
osservando un’incidenza di malattia 7-8 volte maggiore rispetto alla
popolazione generale.
Nell’indagine sono state considerate anche altre categorie
di atleti come giocatori di basket, ciclisti e rugbisti, tra i quali tuttavia
non sono stati rilevati casi di Sla. È inoltre emerso che i calciatori più a
rischio di sviluppare la malattia sono quelli che ricoprono ruolo di
centrocampista, esordiscono precocemente e praticano l’attività agonistica per
oltre 5 anni.
Guariniello e i suoi collaboratori (neurologi ed esperti in
epidemiologia) hanno condotto due studi differenti, che hanno rilevato entrambi
gli aspetti appena descritti. Nonostante questo, la natura del legame tra calcio
e Sla rimane non chiarita. L’ipotesi del doping è in parte confutata dal fatto
che altre in altri sport, dove il ricorso a sostanze illegali è purtroppo
spesso segnalato dalla cronaca (come nel caso del ciclismo), l’incidenza è
paragonabile a quella della popolazione generale.
È stato anche considerato un possibile ruolo delle vernici e
dei diserbanti utilizzati per la cura del manto erboso dei campi da calcio. Nel
2009, infatti, il procuratore di Torino ha avviato un’indagine per rilevare la
presenza di sostanze tossiche allo stadio Sinigaglia del Como, squadra
flagellata dall’incubo della Sla: sono infatti 6 i calciatori che tra gli anni
’80 e ’90 sono stati colpiti dalla malattia.
ALLENAMENTI E INFORTUNI - Altro
possibile fattore implicato nella patogenesi della Sla è la continua
esposizione a traumi e infortuni sul campo di gioco. In particolare il colpo di
testa può essere un potenziale stimolo lesivo, poiché l’impatto verticale può
colpire direttamente le strutture del sistema nervoso. Inoltre, i centrocampisti
– i più esposti ai contrasti fisici e ai traumi – hanno un rischio aumentato di
sviluppare la malattia.
L’attività fisica intensa e protratta a lungo è un altro
elemento messo sotto esame: infatti le sostanze che si producono nell’organismo
in seguito a un considerevole lavoro muscolare e cardiovascolare hanno un
potenziale altamente ossidante. Si tratta di composti come i radicali liberi,
elementi in grado di danneggiare le cellule e quindi responsabili di
degenerazione ed invecchiamento cellulare.
In particolare gli atleti – in questo caso i calciatori –
sarebbero particolarmente esposti ai danni da metabolismo ossidativo in quanto,
oltre alla vigorosa attività fisica, spesso ricorrono all’utilizzo di
integratori e farmaci antifiammatori (Fans), che potenziano lo stress
ossidativo.
GLI INTEGRATORI - Due
scienziati hanno infatti indicato come possibili cause di Sla l’utilizzo di
integratori a base di amminoacidi ramificati e creatina. Questo però non spiega
come altre categorie di atleti professionisti che fanno frequente uso di queste
sostanze (body builder, giocatori di football), non facciano registrare un
aumento dei casi di Sla.
Tutte le ipotesi sopra citate potrebbero rappresentare
fattori determinanti nello scatenare il processo degenerativo che sottende alla
Sla. In nessun caso, però, è stato possibile definire un’associazione chiara e
significativa, perché a questi fattori di rischio sono esposti altri sportivi,
nei quali la Sla ha una frequenza molto inferiore, paragonabile a quella della
popolazione generale.
(Fonte: Discorsivo)
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