LA STORIA ASSURDA DI ADDAI RICHIE AKOTO, GHANESE, IN ITALIA
DA 16 ANNI
Tanti italiani purosangue non sanno neanche chi sia il
Presidente della Repubblica. Ma sono italiani di diritto essendo nati sul suolo
italiano da genitori italiani. E invece, a chi lavora qui onestamente da quasi
vent’anni, che sa pure chi sia il Presidente della Repubblica, ma non conosce
alcuni personaggi politici ormai pure spariti dalle poltrone che contano – come
Casini e Di Pietro – viene negata la cittadinanza italiana. Storie paradossali
di un’Italia che non perde mai l’occasione per mostrare tutta la propria
ridicolaggine.
IL CASO DI ADDAI RICHIE AKOTO
- Addai Richie Akoto viene dal Ghana, è operaio, padre di 4 figli e in Italia
da 16 anni, si suda il salario all’Electrolux di Porcia, cuore industriale di
Pordenone. Un quadro sociale sereno e un casellario giudiziale intonso; avrebbe
tutti i requisiti per ottenere la cittadinanza italiana. Tuttavia il condizionale
è d’obbligo visto che la cittadinanza non riesce ad ottenerla. Le motivazioni
non tardano ad arrivare e sanno subito di scherzo, di quelli che ti fanno
dimenticare persino le battute di Calderoli e lo scandalo kazako (o kazakistano
per dirla stile LaRussa).
Addai non sa infatti chi siano Alfano, Casini, Grillo o Di
Pietro; tanto basta all’ufficio immigrazione della Questura di Pordenone per
negare la naturalizzazione dell’uomo che tra le altre gravi colpe “conosceva i
nomi di Monti e Napolitano ma non di Ciampi”. Non ci sono dubbi: deve essere
respinto, così la relazione trasmessa alla prefettura finirà al Ministero
dell’Interno mettendo fine alle speranze di Addai.
Sembrerebbe il destino di un perseguitato politico, ma non
dalle autorità ghanesi dalle quali è scappato nel 1997 passando per la
frontiera di Ventimiglia quanto da quei politici i cui dibattiti televisivi non
ha tempo di sentire dovendo lavorare per mantenere la famiglia e gli studi dei
figli. Famiglia che sarebbe espulsa insieme a lui qualora dovesse perdere il
posto all’Electrolux, alla prese con 150 esuberi e con cassa e mobilità in
scadenza a fine mese. Tutto questo è irrilevante agli occhi della Questura di
Pordenone che ci tiene invece ad accertare, come impone la legge, il suo
livello di preparazione linguistico e culturale.
IL RESPONSO ASSURDO DEL TEST
- Addai parla e legge bene in italiano “tuttavia ha una conoscenza storica,
geografica e delle Istituzioni del nostro paese non sufficiente, confusa e
lacunosa”; pare non ricordi le date delle feste nazionali confondendo quella
della Repubblica con l’Unità d’Italia (istituita appena due anni fa). “Quanto
alle istituzioni conosce i nomi di Napolitano e Monti, ma non di Ciampi e
neppure la durata in carica del presidente della Repubblica che indica a vita”.
Ecco però la vera pietra dello scandalo: “Conosce il
Parlamento e le due camere, alcuni partiti principali, ma ha sbagliato i leader
del Pdl, non conosce Grillo né Casini e Di Pietro”. Inaccettabile: “si esprime
parere sfavorevole”. Così un dirigente ha deciso il destino di un aspirante
italiano e chissà quanti altri; perlomeno fino a luglio quando grazie anche ad
un’interrogazione parlamentare di Sel, il Ministero è ricorso a più miti
consigli. La legge sulla cittadinanza (L.91/1992) e la circolare con le
procedure di concessione fanno riferimento a “principi fondamentali cui si
ispira il nostro ordinamento”.
CASI COME QUESTI CE NE SONO A
CENTINAIA - A due giorni dalla denuncia dell’incredibile storia, il
Ministero dell’Interno ha fatto sapere che non ha tenuto conto del parere della
questura di Pordenone, concedendo ad Addai Akoto la cittadinanza italiana. Lo
conferma il vice questore di Pordenone, Manuela De Bernardin, secondo cui la
richiesta è stata accolta e dovrà essere solo ufficializzata all’interessato
che al momento non ha ancora ricevuto nessuna comunicazione ufficiale. Per un
caso che (forse) si chiude se ne aprono molti altri. Sembra infatti che siano
centinaia le richiesta di cittadinanza non concesse con le stesse motivazioni
date ad Akoto. Ci auguriamo che lo stesso metro di giudizio venga ora applicato
anche a tutti gli altri cittadini stranieri in attesa di una risposta dalle
istituzioni italiane, una risposta in grado di condizionare la loro vita e
quella delle loro famiglie.
(Fonte: Frontierenews)
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