DECIMO ALBUM PER IL CANTAUTORE DI CORREGGIO, CHE LASCIA IL
POP DEGLI ULTIMI ALBUM IN FAVORE DI SONORITA’ PIU’ ROCK. MOLTO CURATI ANCHE I
TESTI
E’ uscito martedì scorso l’attesissimo nuovo album di
inediti di Luciano Ligabue, Mondovisione. Il decimo della sua carriera, a tre
anni e mezzo di distanza da Arrivederci
mostro! Il disco contiene ben 14 soundtracks, un numero che non si vedeva
dai tempi del fortunatissimo Buon compleanno, Elvis! release che gli ha dato
senza dubbio la notorietà. Sebbene due tracce (la sesta, Capo Spartivento e la
dodicesima, Il suono, il brutto e il cattivo) siano degli intermezzi di pochi
secondi. Tre sono le colonne sulle quali poggia l’album: l’amore (5 brani),
l’esistenzialismo (5 brani) e l’attualità (2 brani). Se le prime due sfere tematiche sono state, dove
più e dove meno, sempre presenti nella sua carriera discografica, la terza è
iniziata ad essere più evidente a partire da Arrivederci mostro!, con accenni a
fatti di cronaca e politica. In quest’album i riferimenti ai fatti dell’attualità
si fanno più chiari ed espliciti, tanto che qualcuno ha perfino parlato di un
“album politico”. Un esagerazione, visto che di quel tipo li incidevano negli
anni ’70 i vari Guccini e De Gregori. Quanto al suono, senza dubbio torna più
deciso, dopo l’involuzione Pop palesata nei lavori discografici successivi a
Fuori come va? Un sound più Rock, Punk, perfino Folk. Si sentono altresì molto
le tastiere e in un brano perfino il bouzouki. I testi sono molto curati, quasi
mai complementari all’arrangiamento. Anzi le due componenti viaggiano di pari
passo senza essere mai sacrificati l’uno in favore dell’altro. Infine, la copertina, che ritrae una pallottola accartocciata che rappresenta una visione distorta del Mondo; avvolta da una scritta - rievocante a sua volta nostalgicamente il vecchio Carosello - che ribadisce proprio questo concetto.
IL PENSIERO DI LUCIANO E DEL
PRODUTTORE - Luciano sottolinea che «essendoci stato un cambio di
produzione, siamo andati per tentativi. Volevo riprodurre il suono che ha nei
concerti il mio gruppo attuale: più diretto, più immediato. Oggi spesso si abusa
della tecnologia e si tende a strafare…». Quindi aggiunge: «Per realizzare
Mondovisione ho impiegato oltre un anno, è stata la lavorazione più lunga della
mia carriera. Io sono stato molto partecipe, molto presente anche fisicamente».
E in effetti i risultati si vedono e si sentono.
Luciano Luisi, il produttore che ha preso il posto di
Corrado Rustici, e probabilmente a ciò si deve un abbandono del Pop, racconta:
«All’inizio di questo “viaggio” io e Luciano siamo stati subito d’accordo sul
fatto che l’album dovesse avere un suono per così dire “classico” ma in un
contesto moderno (“classic… but from the space!” come ci ripetevamo spesso con
i ragazzi della band). Il Liga è in perfetta sintonia e ripete con varie
sfumature che il mood del suo ultimo lavoro è «tra il classico e il moderno».
Nella scheda tecnica distribuita alla stampa, Luisi aggiunge: «Le parole chiave
che ci hanno guidato sono verità e schiettezza, far passare attraverso la
sincerità che abita i racconti le pulsioni emotive che li hanno generati. In
questo lavoro convivono molti colori e sfumature, molte passioni ed umori e
anche qualche inusuale approccio negli arrangiamenti, dal minimalismo musicale
(Steve Reich, Philip Glass) in certe parti percussive di piano, ad ipnotici
elementi di musica elettronica a qualche sapore morriconiano sparso qua e là».
LE TRACCE – Di seguito un
personale giudizio sulle 14 tracce.
1) Il muro del suono
Come da tradizione, Luciano apre il disco con un pezzo dai
ritmi serrati (con un attacco che ricorda "Via" di Claudio Baglioni), ma
soprattutto, fa subito capire quale direzione prenderà l’album: una maggiore
attenzione ai fatti d’attualità, alle nefandezze che funestano l’Italia e il
Mondo. La falsariga sembra quella della rabbia e del disfattismo, ma il
ritornello induce comunque a sperare che qualcosa possa cambiare.
Voto: 6,5
2) Siamo chi siamo
Pezzo un po’ più Pop, che in pieno stile Liga ci invita a
credere in noi stessi, “perché siamo chi siamo”. Non mancano citazioni a Dante
e Carducci, che si intersecano bene col testo. Molto bella una frase verso il
finale: “e ogni giorno mi è più chiaro che quelle rughe sono solo i tentativi
che non ho mai fatto”.
Voto: 8
3) Il volume delle tue bugie
Questo pezzo può essere considerato una seconda parte di “Quella
che non sei”. La donna di quel pezzo doveva scegliere tra “donna o troia” e
sembra aver optato per la seconda. Senza ricredersi, con convinzione. Una donna
forte, che la vita ha indurito, che non crede più nell'amore, che ha scelto chi essere. Ritmi Folk incalzanti che si sposano bene con
un bel testo.
Voto: 7
4) La neve se ne frega
Primo pezzo d’amore dell’album, una ballata mediante la
quale la sua sonorità scala di marce e si fa più lenta. Il brano rievoca il
romanzo pubblicato da Luciano qualche anno fa, diventato fumetto e ora fattosi
canzone. Un film sarebbe stato troppo complicato. Ma la neve se ne frega.
Voto: 6,5
Questa traccia è stata scelta, come ormai noto, come primo
singolo per lanciare il disco. In rotazione radiofonica incessantemente da
settembre, parla delle malefatte che si consumano in Italia, con chiari
riferimenti al caso Concordia: “siamo il Capitano che vi fa l’inchino” o al
caso Olgettine: “siamo le ragazze nella sala degli specchi”, ecc. L’accusa è
forte, e riprende il tema già affrontato da Il muro del suono. In questa track
non ci sono però frasi di speranza, ma solo disgusto e indignazione. Non è un
caso che sia stata scelta come primo singolo: Luciano ha voluto rendere noti a
tutti le sue intenzioni. A scandire il testo arrabbiato un suono deciso a colpi
di chitarre. Peccato per l’intro molto simile a “Salta più in alto” di Raf e
quello spiazzante “Yeeeeeeh” che si ode durante il pezzo.
Voto: 6,5
6) Capo Spartivento
Brano strumentale di 40 secondi dedicato al luogo in cui il
disco ha iniziato a prender forma. Un posto della Sardegna così chiamato dove
Ligabue e la band si è isolata lo scorso anno per una settimana per gettarne le
basi.
Un omaggio leggero messo a questo punto del disco “per dare
respiro all’ascolto”, come affermerà poi in conferenza lo stesso Ligabue.
7) Tu sei lei
Arriva la seconda canzone d’amore, dedicata all’universo
femminile, e più specificamente “a un amore definitivo”, come ha detto lo
stesso rocker di Correggio. Rievoca molto “Ci sei sempre stata”, anche se il
testo e l’arrangiamento sono molto più curati. Scelta, forse un po’
ruffianamente, come secondo singolo estratto.
Voto: 6,5
8) Nati per vivere (adesso e qui)
Pezzo sorprendentemente Punk, che ricorda molto la grinta
dei Green day. Strumentalmente è il più interessante del disco, dai ritmi
serrati, energici, che ben rappresenta la voglia di Liga di voler fare qualcosa
di diverso, più vicino al Rock, quello bohemiene americano. Pezzo esistenziale,
sulla voglia di vivere come si vuole. Un po’ quello che già ci diceva in Vivere
a orecchio.
Voto: 7,5
9) La terra trema, amore mio
Il brano più cupo del disco, dedicato al terremoto che ha
ferito la sua Emilia. Ma anche all’amore, che può superare ogni momento
drammatico e può fungere da motore per ricostruire sulle macerie.
Voto: 6,5
10) Per sempre
Il pezzo che amo di più. Un omaggio che il cantautore fa ai
suoi genitori, rimembrando momenti dell’infanzia, come se stesse sfogliando un
vecchio album di fotografie. Testo commovente, che in tanti di noi potremmo
usare come dedica ai nostri vecchi. La ballata che lo accompagna ne è un
appropriato letto ritmico. Protagonista ancora l’amore, quello eterno, che ci
portiamo dentro anche quando i nostri cari ci hanno lasciato. Un nuovo pensiero
alla famiglia dunque, dopo la dedica al fratello Marco nell'album precedente.
Voto: 9
11) Ciò che rimane di noi
Quinto pezzo dedicato all’amore, ma questa volta a quello
ferito da una tragedia, qual è un lutto. E riemergono a galla gli stati d’animo più cupi, sofferti. Il Natale
viene visto come un evento che amplifica il dolore, dove festeggiare diventa uno sforzo: “È un natale molto duro, sembra vuoto dentro. Su ogni tuo regalo non c'è
scritto niente”. Luciano si riferisce all'aborto del feto da parte dell'attuale moglie, avvenuto qualche anno fa.
Voto: 7
12) Il suono, il brutto e il cattivo
Secondo intermezzo musicale dedicato al western. Ricorda un
po’ l’ambient di Freddo cane in questa palude, altro intervallo presente nel
primo disco dove però è presente anche un cantato.
13) Con la scusa del Rock ‘n’ roll
Se nel primo album erano sogni, nel settimo era qualcosa da
inseguire in pieno, ora diventa una scelta di vita. Si parla del Rock’n roll,
dei primi dischi ascoltati che lo hanno infiammato, della prima chitarra
strimpellata. Chitarre sostenute; testo semplice ma non banale; che ci riporta
al Liga degli anni 2000.
Voto: 6
14) Sono sempre i sogni a dare forma al mondo
Il brano che chiude il disco. Se inizialmente rispetta la
tradizionale lentezza con la quale Liga in genere chiude i suoi album, poi il
ritmo si fa più incalzante; una sorta di Sono qui per l’amore dal suono in
crescendo. Resta comunque il più essenziale dal punto di vista strumentale, con
molto spazio alle tastiere e alla chitarra acustica. Utile per chiudere in modo
soft questa fatica discografica che viaggia quasi sempre con la quinta marcia
inserita.
Voto: 5,5
Si potrebbe banalmente dire, come spesso si fa con i
cantautori, che questo sia il suo album della maturazione. Una valutazione
forse fuori posto se si considera che il Liga ha superato il mezzo secolo già
da un po’ e che ha, come detto, dieci album alle spalle.
Nell’insieme è comunque un bel disco, che ha dei messaggi
chiari, introspettivi, ma al contempo più attenti a ciò che accade intorno. Si
può dire che qualitativamente siamo tornati agli anni ’90, cedendo nei testi un
po’ di ironia e illusione, in favore di una naturale (dovuta all’incedere degli
anni) maggiore disillusione e indignazione.
Bisogna riconoscere che rispetto a tanti altri artisti
italiani che con gli anni finiscono per essere “di nicchia”, Liga riesce sempre
a fare presa sulle nuove generazioni. Ma forse con quest’album anche tanti fan
della prima ora, sopravvissuti e sopravviventi, i quali ormai pensano che
“certe notti” a Correggio non torneranno più, potrebbero un po’ ricredersi. In
fondo sanno bene che una speranza resta sempre: quella che “tanto Mario riapre,
prima o poi…”
troppo sdolcinato però.....ah l'amour
RispondiEliminacomplimenti per il pezzo e anche se avevamo già condiviso lo stesso pensiero positivo, mi sono abbastanza ritrovata anche nei tuoi giudizi sulle singole canzoni!
RispondiEliminaE' sempre un GRANDE!!!
RispondiEliminaesti sempre curati, su quello è una garanzia. Personalmente non lo trovo particolarmente rock, ma + un album da autore e non da primo ascolto. Siamo d'accordo con la palma d'oro a "Per sempre", stupenda a mio parere.
RispondiEliminaLuca non so dirti, non l'ho ascoltato... Ormai é parrcchio che non seguo più quello ke combina
RispondiEliminatoppppppppppppppppppppppppppppppp
RispondiEliminaIo ancora non l'ho comprato...
RispondiEliminalo devo ancora ascoltare
RispondiEliminaAl primo ascolto ne ho apprezzate due in particolare.. "Siamo chi siamo" e "Il Volume delle tue bugie".. al secondo ascolto di tutto l'album devo dire che nel complesso mi piace abbastanza
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