DOMENICA E’ STATO TENTATO UN COLPO DI STATO MILITARE. DALLA
CADUTA DI GHEDDAFI LA SITUAZIONE NEL PAESE E’ ANCORA FRAGILE
Come già successo all’Afghanistan e all’Iraq, anche la Libia
liberata dall’oppressione dalle “forze del Bene” incarnate per
auto-proclamazione dai Paesi occidentali, versa nel caos civile e nella
fragilità politica. Muammar Gheddafi è stato rimosso per volere di Francia e
Gran Bretagna, ma noi italiani ne stiamo pagando il prezzo più alto: abbiamo
perso, sul totale delle forniture energetiche estere, l’11% proveniente dalla
Libia, costretti così ad una maggiore dipendenza dalla Russia; e siamo
continuamente inondati da immigrati per effetto del mancato controllo delle
coste libiche. Il Governo Berlusconi, baciamano a parte, aveva stretto con la
Libia importanti accordi commerciali e politici, venuti meno con la
destituzione del Raìs libico. Il tutto, mentre da ormai 2 anni e mezzo il Paese
non ha ancora una stabilità democratica. E rischia di ripiombare in una
dittatura militare.
L’ATTACCO DI DOMENICA SERA AL
PARLAMENTO - Il governo libico ha detto lunedì mattina di avere il Paese
ancora sotto controllo nonostante l'attacco con blindati contro la sede del
Parlamento domenica a Tripoli che ha causato la morte di due persone e il
ferimento di altre 55. L'assalto armato al parlamento è stato definito un
"colpo di stato" dalle autorità libiche.
Un colonnello, che ha detto di parlare a nome dell'esercito,
ha annunciato domenica sera in tv la "sospensione" del Congresso
nazionale generale (Cng, Parlamento) libico. Il colonnello Mokhtar Fernana ha
detto di essere il comandante della polizia militare e ha letto un comunicato
su due reti private televisive. "Noi, membri dell'esercito e rivoluzionari
(ex ribelli) annunciamo la sospensione del Cng", ha detto.
Il governo libico ha annunciato nella tarda serata di
domenica che il bilancio degli scontri seguiti all'attacco del Parlamento a
Tripoli è di due morti e di 55 feriti. In un comunicato il ministro della giustizia
libico Salah Al-Marghani sottolinea che gli scontri di Tripoli "non hanno
alcun collegamento reale" con l'offensiva lanciata venerdì dall'ex
generale Khalifa Haftar contro gruppi di islamisti radicali a Bengasi, nell'est
del Paese, definita dalle autorità un tentativo di colpo di stato.
Il governo ha poi chiesto al parlamento di sospendere i
lavori fino alle prossime elezioni generali e di ripetere le elezioni di un
nuovo premier.
COSA STA SUCCEDENDO - La
situazione in Libia è degenerata nella capitale, spostando attenzione e
combattimenti dalla Cirenaica - dove tra venerdì e sabato Bengasi è finita
sotto i bombardamenti aerei delle truppe del generale in pensione Khalifa
Haftar che ha scatenato un'offensiva "contro i terroristi" (80 morti
e 140 feriti) - alle sedi istituzionali che da neanche quindici giorni hanno un
nuovo premier. Ahmed Miitig era stato nominato per porre fine al caos e
all'anarchia ma da molti (anche tra la popolazione civile) è considerato troppo
vicino ai fondamentalisti islamici. E comunque finora è stato incapace di
limitare scorrerie e violenze di una miriade di gruppi fuori controllo ma tutti
pesantemente armati. Non è stato finora possibile capire se il violento attacco
al Congresso nazionale generale (Cng) sia collegato all'offensiva capeggiata da
Haftar nell'est della Libia. Ma il presidente dell'organismo, Nouri Abou
Sahmein, lo stesso che aveva gridato al tentato colpo di stato per i
bombardamenti aerei su Bengasi, ha attribuito la gestione dell'operazione
proprio ad Haftar.
Altre fonti, spiegando che gli assalitori sono arrivati a
bordo dei blindati dalla strada che collega la capitale all'aeroporto e che se
ne sono andati percorrendo la stessa arteria verso sud, si sono dette quasi
sicure che si tratti dei potenti miliziani di Zintan. Quelli delle brigate che
tengono prigioniero il figlio del defunto Muammar Gheddafi, Saif al-Islam, e
che si sono sempre rifiutate di consegnarlo a Tripoli. Quelli noti fin
dall'inizio della rivolta nel 2011 per la loro decisa opposizione al
fondamentalismo islamico.
HAFTAR IL NUOVO GHEDDAFI? - "La
nostra operazione non è un colpo di Stato e l'obiettivo non è quello di
prendere il potere" ha risposto l'ex generale Khalifa Haftar al governo.
La voglia di dare una lezione alle organizzazioni islamiste radicali e
jihadiste radicate a Bengasi potrebbe aver convinto alcune frange dell'esercito
che nell'est della Libia hanno messo a disposizione di Haftar e dei suoi aerei,
elicotteri e armi pesanti. Oltre a un imprecisato numero di alti ufficiali e
soldati che si sono autodefiniti "Esercito nazionale libico",
associandosi al suo proclama: "Non molleremo finché non avremo raggiunto i
nostri obiettivi". Cioè difendere "il popolo, dai terroristi...non
voglio il potere. Ho solo risposto agli appelli della popolazione"
stremata da più di tre anni di guerra. E a pezzi anche economicamente, visto il
blocco dei terminal petroliferi e delle esportazioni di quella che era la
maggiore ricchezza del Paese a causa delle mire delle tribù locali che hanno anche
cercato, prima dell’intervento dei Marines degli Stati Uniti, di vendere il
petrolio all’estero senza passare per il governo centrale.
Segnala l'informato Alberto Negri su 'Il Sole 24 ore"
di oggi che "La Libia ha trovato un generale che vuole imitare, almeno
negli obiettivi immediati, l'egiziano Abdel Fattah Sisi, l'arcinemico dei
Fratelli Musulmani che è diventato l'uomo forte del Cairo e si prepara a
diventare presidente".
Non è la prima volta che l'ex generale Khalifa Haftar prova
a prendere con la forza il controllo della Libia, ci aveva già provato a
febbraio quando da una tv annunciò la propria volontà di 'riportare l'ordine'
nel paese ma il suo tentativo di golpe fallì ben presto.
Spiega ancora Negri: "Haftar, 71 anni, che era il
comandante negli anni '80 delle truppe libiche in Chad, è tornato in forze,
disponendo non solo di reparti di militari a lui fedeli ma anche dell'aviazione
che ha impiegato per bombardare a Bengasi le postazioni islamiste. Al suo
fianco si sarebbero schierate alcune milizie, come quella di Zintan, la città
dove è tenuto in carcere Saif, il figlio di Gheddafi".
Chi sta aiutando Haftar, chi c'è dietro il militare che
guarda al modello egiziano? "Dopo la sconfitta libica in Chad, Haftar
passò negli Stati Uniti per insediarsi in una cittadina vicino a Langley, sede
della Cia. Di lui si è sempre parlato di un uomo degli americani che
sicuramente si appoggiarono anche a lui per la defenestrazione del Colonnello
Gheddafi. Haftar ha sempre tenuto i contatti con i gruppi dell'opposizione, sia
quelli rifugiati negli Usa che in altri Paesi del Medio Oriente, dall'Egitto
all'Iraq e appartiene alla generazione degli oppositori "laici" del
Colonnello" racconta l'articolista del Sole 24 Ore.
Ecco quanto, più o meno, sta succedendo in Libia. Noi
occidentali siamo bravi a resettare gli establishment stranieri che non ci
piacciono, ma non riflettiamo molto sulle conseguenze che ne deriveranno.
(Fonti: Ansa,
Contropiano)
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