IL PRIMO E' UNA COMMEDIA TEATRALE, IL SECONDO UN FILM. MA ARRIVANO FUORI TEMPO MASSIMO
Nanni Moretti lo aveva già detto nel suo Il Caimano, film
uscito nel 2006 poco prima delle elezioni, scatenando una marea di critiche
perché secondo il centrodestra poteva influenza il voto imminente. La
pellicola, come ricorderete, gettava un’ombra sulla figura di Berlusconi; in
particolare, sul possibile (e forse probabile) rapporto con la Mafia,
rispondendo con una commedia ironica alla domanda: “da dove vengono tutti quei
soldi?”. In una scena, nella quale a Moretti stesso che interpreta se stesso
viene proposto di interpretare Berlusconi che va a processo, il regista romano
risponde che ormai era inutile fare un film sull’ex Cavaliere, dato che tutto
su di lui è stato detto e chi voleva votarlo lo avrebbe fatto ugualmente.
Dicendo poi: “Berlusconi ha già vinto, con le sue televisioni”. Abbraccio in
toto il pensiero del regista. Già nel 2006 su Berlusconi era stato detto tanto,
tra documentari, inchieste giornalistiche, trasmissioni televisive. Eppure
sfiorò la vittoria quell’anno, per poi vincere le elezioni due anni dopo.
Dunque, figurarsi otto anni dopo: che senso ha parlare ancora di Berlusconi e
dei suoi rapporti con la Mafia, veri o presunti? Ora che ha il 17% dei voti (anche
se gode ancora di importanza istituzionale, chiamato in causa dal suo omologo
di sinistra Renzi)? Su Berlusconi l’Italia si è divisa a metà. Lui ha garantito
il bipolarismo per vent’anni, ora affossato dal “pensiero unico renziano”.
Eppure c’è chi fa ancora film su di lui o perfino pièce teatrali dedicate alla
sua famiglia, soprattutto sulla figlia Marina. Forse perché già designata come
erede, e che, come il padre, spaccherebbe la politica italiana in due parti.
BELLUSCONE - Si ride
parecchio vedendo Belluscone. Una storia siciliana , presentato al Lido nella
sezione «Orizzonti», premio che poi ha vinto. Il merito è di Franco Maresco, geniale regista palermitano
che ha preferito disertare Venezia per non «sporcare» la sua opera con
polemiche, pensa un po', su Berlusconi. Ma anche perché, come egli stesso ha
ammesso, sta perdendo la personale battaglia contro la depressione. La sua tesi
è molto simile a quella di Moretti: l'impero berlusconiano è stato costruito
con i soldi della mafia. Nello specifico: 20 miliardi investiti da Cosa nostra
sulla tv commerciale e non sul narcotraffico, come dice lo stesso
regista-autore-intervistatore tirando in ballo Stefano Bontade, boss di
Villagrazia. Comunque, complimenti a Maresco perché ha messo su un film in cui,
ridendo e scherzando, si dice che il fondatore di Mediaset è stato contiguo
alla criminalità organizzata. E anzi, le deve la nascita del suo business.
La differenza rispetto alla valanga di film e documentari
visti finora sul tema è la cifra ironica.
La parola mafia è meglio non pronunciarla, anzi conviene
evitare l'argomento, fa capire Mira mentre, osannati dal popolino, Erik e
Vittorio Ricciardi intonano «Vorrei conoscere Berlusconi». C'è anche uno
spezzone d'intervista con Dell'Utri, interrotta quando ci si accorge che il
microfono è (misteriosamente?) danneggiato. Pian piano la ricostruzione della
contiguità si allarga alle confessioni dei pentiti (Gaspare Mutolo dietro una
maschera) e ad altre situazioni di recente storia criminale. Ma sebbene tutto
sia realizzato col tono dissacrante di quella che potremmo definire una Iena
più colta e sagace, e i denti, anziché digrignare, si aprano spesso alla
risata, rimane l'incertezza se ci sia più materia per la critica
cinematografica o per i tribunali e le querele per diffamazione.
Un film interessante, ironico e dissacrante, ma che arriva
parecchio tardi. Di una decina di anni.
INTERVISTA A MARINA BERLUSCONI
- Un grande tavolo, attorno al quale ruotano tutti gli attori. Da una parte
loro, i giornalisti «duri e puri», che porranno finalmente «le domande
scomode». Sotto il fuoco di fila lei, Laura Lattuada alias Marina Berlusconi,
tubino nero, perle al collo e tacchi che uccidono. Alle spalle un maxischermo
proietta immagini, volutamente kitsch, della famiglia Berlusconi, della sede
Mondadori, di Segrate, e collages che sono infinite variazioni sul tema «a
Berlusconi piacciono le belle donne». Il tutto è ambientato, come veramente è,
in un teatro. «Perché qui si può anche inventare» - ripetono un po' tutti: gli
attori sul palco, l'autrice del testo Emilia Costantini e il direttore
artistico del Festival, Luciano Spada. Le prove blindate avevano contribuito a
tenere alta la curiosità. La regia invece è di Filippo Crivelli.
L'autrice era partita, circa un anno fa, dalle poche
interviste rilasciate negli anni dalla primogenita del leader di Forza Italia.
«Un personaggio serio, sempre controllato, che si sa muovere molto bene -
diceva Costantini - eppure schivo, mai raccontato veramente». L'obiettivo
dichiarato quindi è farlo, una volta per tutte. Come, se le risposte che dà
Marina sul palco non sono altro che la rielaborazione di quelle fornite nelle
interviste ufficiali? «La vera novità saranno le domande», spiegava Costantini.
Domande che promettevano di indugiare sugli aspetti meno noti della numero uno
di Fininvest e Mondadori: la moglie, la madre, la figlia, l'imprenditrice.
Il risultato finale è un'ora e venti di domande
inquisitorie, aggressive, ripetitive, che hanno già al loro interno la risposta
che si vorrebbe sentire. E quando non basta, a chiarire il concetto giungono in
aiuto brani dall' Opera da Tre Soldi di Brecht, dai Pilastri della società di
Ibsen e da Macbeth di Shakespeare. I giornalisti sono quattro, sembrano uno.
Facile scambiare il palcoscenico per un tribunale. Imputata lei, Marina, di
cosa non si capisce bene. L'imprenditrice a capo delle aziende di famiglia, il
rapporto col padre, e poi... Silvio Berlusconi e le donne, Silvio Berlusconi e
la giustizia, e ancora Silvio Berlusconi e Silvio Berlusconi tanto che la
Lattuada alias Marina a un certo punto esclama esasperata: «Ma non doveva
essere un'intervista a me?!». A proposito della Lattuada. La recitazione è
sempre nervosa, di chi attacca per difendersi, appare appena più rilassata
quando arrivano le (sparute) domande su infanzia, marito e figli.
Insomma, un’inquisizione a una donna che ha rilasciato poche
dichiarazioni e che ha sempre negato di volere fare politica. Ma c’è chi ha messo
le mani avanti, mettendosi pure avanti col lavoro casomai Marina decidesse di
“scendere in campo”.
Condivido... non hanno più senso! ;-)
RispondiEliminanon hanno più senso ... se si vuole nascondere e far dimenticare 30anni della più squallida storia d'Italia e del suo assoluto protagonista, con tanto di crisi economica finale ...
RispondiEliminaBelluscone sicuramente ha fatto tanti troppi danni, il problema principale, però, è che chi l'ha preceduto, ed in particolare, quelli che l'hanno seguito, hanno ,paradossalmente, fatto peggio, distruggendo il distruggibile e svuotandoci le tasche.
RispondiEliminasull'intervista forse posso essere d'accordo; ma 'belluscone' sembra essere un film che va molto al di là del singolo e parla dell'Italia in generale. Poi purtroppo si deve ammettere che non si può parlare dell'Italia degli ultimi anni senza parlare di B., il Paese gli assomigliava troppo....
RispondiEliminaAncora Bellusconi tira, forse in tutti i sensi. Sarà un successo. Per gli iscritti al PD c'è uno sconto sul biglietto d'ingresso. Ma serve solo ad identificarli come appartenenti alla vecchia guardia un po' retrò. Comunque meglio il mondo visto dai piccioni che da gonzi.
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