lunedì 15 dicembre 2014

COSA SPINGE UNA MADRE AD UCCIDERE IL PROPRIO FIGLIO

DIVERSE POSSONO ESSERE LE MOTIVAZIONI CHE SPINGONO AL FOLLE GESTO UNA MADRE. TANTE LE NOTIZIE DI CRONACA NEGLI ULTIMI MESI

Un matrimonio fallito, una malattia, la crisi economica, problemi psicologici. Questi ed altri fattori stanno portando allo sfascio della famiglia intesa come istituzione e nucleo sociale. Come scrissi in un libro, Il crollo delle certezze, la famiglia, insieme a lavoro, religione e politica, non rientra più tra quelle sfere, allo stesso tempo sociali e private, nelle quali l’individuo trovava conforto, speranza, guida, identità. In un post mi chiedevo se la famiglia italiana si stia addirittura estinguendo del tutto. Fatto sta che iniziano a diventare troppi i casi di omicidi che si consumano tra le mura domestiche, tra i quali il più drammatico è quello che vede proprio colei che da’ la vita, la madre, uccidere il proprio figlio. Il caso Cogne resta il più emblematico perché fu il primo ad avere una certa ridondanza mediatica. L’ultimo (limitandoci ovviamente ai confini nazionali) è quello di una russa in vacanza in Romagna, arrivato una decina di giorni dopo il caso mediatico del momento: quello di Andrea Loris Stival. Ma cosa spinge una madre ad uccidere il o i propri figli? Vediamo cosa dice la letteratura psichiatrica in merito.

CLASSIFICAZIONI - Il modus operandi più frequente utilizzato dalle madri per uccidere è il soffocamento seguito dallo strangolamento. Altre modalità comprendono: percosse con diversi strumenti che provocano il trauma cranico, annegamento, accoltellamento, defenestrazione, avvelenamento, asfissia da gas, ecc. (Mastronardi e Villanova, 2008).
Resnick (1969) ha proposto una classificazione che comprende cinque categorie di infanticidio, sottolineando come il periodo più a rischio per un minore è quello fino a sei anni di vita.
Le categorie individuate da Resnick comprendono il figlicidio:
- altruistico: in questo caso la madre spesso si suicida dopo aver ucciso il figlio malato (suicidio allargato) per salvarlo da una vita di sofferenze. A questo comportamento si associa la Sindrome di Beck, cioè una visione pessimistica di sé e del proprio futuro;
- con elevata componente psicotica: la madre uccide il figlio dando ascolto ad allucinazioni che le "ordinano" di commettere il brutale gesto;
-  di un bambino indesiderato: si verifica quando il figlio è nato da una relazione extraconiugale o perché la madre è troppo giovane e immatura. In questo caso i tentativi di suicidio della donna sono scarsi;
-  accidentale: la madre, già abituata a picchiare il figlio, ne causa la morte a causa di un gesto impulsivo in seguito alle urla e ai pianti del bambino. La donna spesso soffre di disturbi di personalità e irritabilità. Spesso si tratta di donne che hanno subito violenza da piccole e il marito è poco partecipe ai problemi della famiglia;
- per vendetta sul coniuge.
Mastronardi (2006) propone un’altra classificazione delle motivazioni che portano all’infanticidio dividendoli in due blocchi: il primo riguarda le madri che sono responsabili penalmente e quindi imputabili ed il secondo che invece comprende le donne per le quali sussistono cause psicopatologiche che ne compromettono parzialmente o totalmente la capacità di intendere e di volere.

I MOVENTI - In generale, al di là delle singole classificazioni, i moventi che spingono una madre ad uccidere il proprio figlio sono molteplici e concatenati a livello psicologico, sociale e relazionale. Possono verificarsi casi in cui una madre ha vissuto di recente una grave perdita affettiva (lutto o separazione), si sente isolata a livello sociale, subisce violenza tra le mura domestiche, ha una bassa autostima, desidera essere indipendente ed ha paura di avere dei vincoli in vista di una relazione presente o futura, soffre di disturbo narcisistico o istrionico di personalità, soffre di depressione, ecc.

È importante quindi che una donna viva la gravidanza e la successiva nascita di un figlio con serenità, aspetto che le è garantito dalla vicinanza e dall’amore del partner e delle persone a lei care.
Se sfortunatamente dovesse mancare uno di questi elementi, alla base di tutto c’è l’idea che la società dovrebbe trasmettere alle donne di non temere di perdere il proprio ruolo sociale e lavorativo per una maternità, di non far sentire la nascita di un figlio come un peso, come qualcosa che blocca il progredire della loro vita sociale e professionale, che non sia una preoccupazione per paura di non avere sufficienti guadagni per sostentarlo, ma che le porti a ripartire da qualcosa di nuovo e di bello senza sentirsi sole.


Otto votanti su dieci non hanno dubbi: ad uccidere Andrea Loris è stata la madre.

(Fonte: Lifestyle)

3 commenti:

  1. Nessuno lo può dire, ma forse in quel momento lei è in un'altra dimensione e non lo vede più come cosa sua.

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  2. E' uno dei fenomeni più paradossali che esistano; e credo che possa avvenire in società diverse. Comunque penso che i segnali premonitori ci siano sempre. Noi, la gente, dovremmo cercare di dare un contributo affinché non accada MAI. Helena (www.ilraggiodiluce.net)

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  3. Non mi pare francamente che le indagini so siano concluse, non ci sono note prove ma si parla solo di indizi, men che meno è stato celebrato un processo.

    Continuo a chiedermi cosa spinga gli italiani ad un attaccamento così morboso al caso da minare la serenità degli investigatori. Tanto più che in questo paese si consumano tragedie molto più gravi nel più assordante silenzio.

    Come ha fatto notare qualcuno, in italia tutti sanno della mamma di loris, ma nessuno di piazza fontana... per dirne una.

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