IL PAESE E’ NELLE MANI DEI FONDAMENTALISTI ISLAMICI, CHE
STANNO ANCHE DISTRUGGENDO MOLTI LUOGHI DI CULTO
Dopo averci fatto affari per anni, un anno fa i Paesi
europei decisero che era giunta l’ora di fare fuori il dittatore Muammar Gheddafi,
sostenendo la rivoluzione libica sulla scia della Primavera araba. Certo, il
Raìs libico era un dittatore spietato e sanguinario, come tutta la sua
famiglia. Ma in oltre un quarantennio di potere aveva trasformato la Libia in
una Germania africana e aveva stretto accordi commerciali con diversi Stati
occidentali; soprattutto con la vicina Italia. Ma si sa, gli occidentali
utilizzano i dittatori a proprio piacimento e convenienza.
A quasi un anno dalla rimozione del suo regime, la Libia
vive nel caos, in balia dei fondamentalisti islamici; in particolare i
Salafiti.
IMMIGRATI PERSEGUITATI - La
sorte dei migranti in Libia non è affatto cambiata, anzi: nel vuoto di potere e
negli scontri tribali seguiti alla defenestrazione violenta del leader libico
agli abusi contro gli immigrati che sceglievano la Libia come territorio di
transito per recarsi poi in Europa, si sono aggiunti quelli contro i lavoratori
stranieri – principalmente africani – che lavoravano a Tripoli e Bengasi. E
addirittura contro i cittadini libici colpevoli di avere la pelle troppo scura
è scattata una vera e propria caccia all’uomo, una persecuzione scatenata con
la scusa che i ‘neri’ hanno collaborato col regime. Ormai le denunce sulle
violenze contro i migranti si sprecano, l’ultima di pochi giorni fa.
Maltrattati, rinchiusi in luoghi malsani e ora anche a
rischio espulsione: queste sono le condizioni di vita di centinaia di migranti
dell’Africa sub-sahariana rinchiusi in alcuni centri allestiti in alcune zone
della Libia. La denuncia arriva dall’agenzia Habeshiaper, un ente religioso
dedito alla cooperazione allo sviluppo diretta da padre Mussie Zerai, secondo
cui i migranti sono in procinto di essere deportati verso i Paesi da cui per
motivi diversi erano fuggiti. “In queste ore i militari libici stanno
costringendo queste persone a farsi registrare dalle rispettive ambasciate con
lo scopo di espellerli. Questo atto grave, accompagnato da violenze fisiche, è
contro il diritto umanitario internazionale” scrive inascoltato padre Zerai.
Secondo le informazioni in possesso di Habeshia, oltre mille persone, per lo
più originarie di Eritrea, Etiopia e Somalia, sono attualmente detenute nei tre
centri di Hums, Tuewshia e Bengasi. Numerosi sono i casi di abusi, anche ai
danni di donne e minori, di migranti costretti ai lavori forzati, di torture.
Padre Zerai ha anche denunciato che finora almeno tre migranti sono stati
uccisi e chiunque abbia tentato la fuga, quando ripreso, è stato selvaggiamente
picchiato. Fonti locali della Misna riferiscono inoltre che la scorsa settimana
il tentativo di alcuni migranti di salire a bordo di un barcone per raggiungere
l’Europa è stato bloccato con l’uso di armi da fuoco. In questo caso nessun
bilancio delle vittime è stato diffuso.
LA PERSECUZIONE RELIGIOSA -
Intanto nel paese divampa la furia distruttrice dei salafiti e delle sette
islamiche più radicali contro monumenti ritenuti blasfemi. Nel mirino sono
finite nei giorni scorsi alcune moschee e luoghi di studio sufi oltre ad alcune
tombe di ‘santi’, distrutte a martellate dagli zelanti difensori della fede.
Attacchi condannati ieri dalla Lega degli ulema della Libia ma che
probabilmente si ripeteranno, costituendo una fonte di propaganda per gli
ambienti estremisti manovrati dalle petromonarchie del Golfo Persico, Arabia
Saudita in particolare. Gli ulema libici non hanno esitato e hanno puntato il
dito proprio contro le strumentalizzazioni provenienti da Ryadh, definendo il
salafismo estraneo alla tradizione islamica del nord africa. Gli ulema si son
anche rivolti al debole e diviso Congresso nazionale (il parlamento eletto a
luglio) e al governo ad interim affinché adottino misure immediate per impedire
nuovi atti di violenza e distruzioni.
Nelle ultime due settimane diversi luoghi di culto sufi –
corrente di pensiero che predilige una lettura più interiore dell’islam e che
per questo motivo è agli antipodi rispetto ai salafiti, estremamente attenti
alle manifestazioni esteriori dei precetti religiosi - sono stati presi d’assalto
e distrutti a Tripoli, Zliten e Misurata. L’ultimo attacco è avvenuto al centro
di Tripoli ai danni della madrasa (scuola) Othman Pasha. All’interno erano
custodite una trentina di tombe, andate quasi completamente distrutte: i
responsabili, scrive il Libya Herald, sono stati 200 salafiti armati
presentatisi alle prime ore del giorno.
La Libia si aggiunge così ad altri Paesi mediorientali
piombati nell’anarchia, come Afghanistan e Iraq, e molto probabilmente, anche
la Siria.
(Fonte: Contropiano)
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