lunedì 22 aprile 2013

LA CASTA SI CHIUDE AL CAMBIAMENTO E CONFERMA NAPOLITANO


Rieletto con 738 voti al sesto scrutinio. IL PD NE ESCE DISTRUTTO, GRILLO AUMENTA I CONSENSI E BERLUSCONI NE ESCE ANCORA UNA VOLTA VINCITORE

Dopo cinque votazioni andate in fumo, il Parlamento ripiega su una clamorosa rielezione a Capo dello Stato dell’ottantottenne Giorgio Napolitano, il quale è così richiamato nel difficile compito di formare una squadra di Governo. Questa volta però, qualora malauguratamente dovesse fallire di nuovo, avrà facoltà di sciogliere le camere. Un’opzione che non aveva prima, essendo nella fase conclusiva del suo mandato (il cosiddetto “semestre bianco”). Le elezioni del Presidente della Repubblica hanno avuto un effetto devastante sul Pd, il quale ha mostrato tutte le proprie debolezze e spaccature. Grillo invece ha conquistato un’ulteriore fetta dell’elettorato di sinistra. Infine, ad uscirne vincitore è il Cavaliere, fino a qualche mese fa dato per finito e oggi di nuovo pesantemente influente nella politica italiana.

PARTITO DEMOCRATICO DISTRUTTO – Dopo aver sconfitto Renzi alle Primarie, Bersani ha solo incassato sconfitte. Il Segretario originario di Bettola ha prima vinto in maniera risicatissima, quando i sondaggi davano l’asse Pd-Sel in grande vantaggio rispetto agli avversari. Poi non è riuscito a formare un Governo su investitura di Napolitano. Infine si è visto respingere le due proposte come Presidente della Repubblica: Franco Marini e Romano Prodi. Una serie di debacle che lo hanno portato alle dimissioni da Segretario e con lui, quelle della Bindi da Presidente del partito.
Ad uscirne spaccato, comunque, è tutto il Partito democratico, che non ha votato in modo compatto prima in favore dell’ex Presidente del Senato e, in modo ancora più imbarazzante poi (150 voti in meno), per l’ex Presidente del Consiglio. Il non voler appoggiare la candidatura di Stefano Rodotà – benché sia iscritto al Pci dal ’79 e sia stato scelto come Garante della privacy proprio dal Governo di centro-sinistra nel ’97 – pur di non darla vinta a Grillo, ha portato dunque il Partito a una deflagrazione. E il prossimo Congresso, che forse vedrà sfidarsi Fabrizio Barca e Matteo Renzi, difficilmente riporterà la pace e restituirà agli elettori, quelli che resteranno, un partito solido e dalla voce unica e univoca.
Malgrado esista da quasi sei anni, il Pd risente ancora di quel suo essere nato in un laboratorio da una malriuscita “fusione a freddo” tra due storie politiche diverse: quella progressista e quella cattolica. E risente del fatto che le decisioni cruciali vengano prese dalla nomenclatura e non ascoltando la base. Esempio evidente di ciò è il fatto che tanti elettori siano scesi in piazza invocando il voto in favore di Rodotà, mentre loro hanno preferito convergere verso Napolitano.

IL CAVALIERE GHIGNA – Ad uscirne vincitore è il Pdl, che votando Napolitano sa di poter sperare in un Governo insieme al Pd: tecnico o politico che sia. Berlusconi era consapevole che un esecutivo formato da Pd-Sel-M5S avrebbe prodotto quelle leggi per lui “pericolose” su materie quali giustizia, conflitto d’interessi, reati finanziari, ecc. E pensare che fino a novembre il Pdl veniva dato al 15% e nel giro di tre mesi hanno raddoppiato quei consensi, grazie a una campagna elettorale estenuante del Cavaliere in ogni dove.

GRILLO AUMENTERA’ I CONSENSI – Proponendo Stefano Rodotà, uomo storicamente di sinistra, il Movimento 5 stelle ha messo alla corda il Pd, costringendolo al voto o alla brutta figura. Il comico di Genova ha anche strumentalizzato l’ex Garante della privacy, ergendolo a bandiera anti-casta, dimenticando però che nel 2010 inveì contro di lui dicendo che faceva parte della casta e che godeva di più pensioni d’oro.
Comunque, al di là di ciò, con questa mossa furba Grillo si ingrazierà molti elettori del Pd e quelli della sinistra massimalista; sabato già in piazza con le bandiere rosse. La casta che si chiude al cambiamento non fa altro che ingrassare il suo seguito.

LA BALLATA DELLE CONTRADDIZIONI – Ma la triste rielezione di Napolitano ha avuto anche uno squallido valzer delle contraddizioni. I grillini volevano Rodotà ma hanno avversato Marini. Eppure sono entrambi 80enni e da decenni in politica, e per di più tra il primo e Grillo ci fu pure, come detto, un violento scontro verbale qualche anno fa.
Il centro-sinistra non ha votato Rodotà, eppure, come detto, si tesserò al Pci nel lontano ’79 e nel '97 lo scelse come Garante per la privacy.
Monti non ha votato Prodi, eppure i due Professori hanno collaborato in modo affiatato e con stima reciproca insieme per anni in ambito Ue.
Il Pdl ha sparato a raffica sui tecnici ma poi avrebbe votato la Cancellieri.
Vendola avrebbe votato Prodi se si fosse ritirato Rodotà, dimenticando che con Rifondazione lo ha fatto “cadere” due volte al Governo.
Ultima, di Napolitano stesso, che domenica scorsa in un'intervista alla Stampa disse:  "non mi convinceranno a restare. Ora ci vuole il coraggio di fare delle scelte, di guardare avanti, sarebbe sbagliato fare marcia indietro". E ancora: "Tutto quello che avevo da dare ho dato".

2 commenti:

  1. un noto costituzionalista dice che la costituzione anche se non espressamente vieterebbe la rielezione del presid uscente con il depotenziamento dello stesso attraverso il semestre bianco

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