LA GIORNALISTA FU UCCISA NEL 2006. DENUNCIAVA LA VIOLAZIONE
DEI DIRITTI IN RUSSIA E SUL TERRITORIO CECENO
Come ammette lo stesso figlio Ilià, è una vittoria a metà. La
sentenza del terzo processo per l'agguato del 2006 alla giornalista russa Anna Politkovskaia
lascia ancora dell’amaro in bocca e tanti dubbi. Da un lato si condanna chi ha
eseguito materialmente il suo assassinio; dall’altro restano sconosciuti i
mandanti.
LA SENTENZA - Il tribunale di
Mosca ha condannato tutti e cinque gli imputati nel terzo processo per
l'omicidio della giornalista Anna Politkovskaia e ha optato per l'ergastolo per
due di loro: il presunto killer Rustam Makhmudov e il presunto organizzatore, suo
zio Lom-Ali Gaitukayev.
Pene detentive minori per gli altri tre imputati: da 12 ai
14 anni, da scontare in una colonia penale di massima sicurezza, per i due
fratelli di Makhmudov - Ibragim e Dzhabrail - che parteciparono ai pedinamenti
e 20 anni all'ex ufficiale della polizia di Mosca, Sergei Khadzhikurbanov, che
prese parte alla preparazione del piano per l'agguato.
Secondo la ricostruzione accolta dal tribunale, l'ex
funzionario della polizia moscovita Serghei Khadzhikurbanov è l'altra mente
dell'omicidio. Dzhabrail Makhmudov avrebbe portato in macchina - nei pressi
dell'abitazione della reporter - il fratello Rustam, il quale sarebbe stato
avvertito dal terzo fratello, Ibragim, sugli spostamenti della vittima. Accolta
anche la richiesta dei familiari della Politkovskaya di un risarcimento danni
di cinque milioni di rubli (circa 106.000 euro), un milione da ogni imputato.
Si tratta del terzo processo per la morte della giornalista.
Nel primo, Ibragim e Dzhabrail Makhmudov e Khadzhikurbanov erano stati assolti
per insufficienza di prove, Rustam era ancora latitante e Gaitukayev era stato
ascoltato solo in qualità di testimone. La Corte suprema aveva annullato la
sentenza per gravi vizi procedurali. Dopo alcuni mesi, accogliendo un ricorso
della famiglia della vittima, la Corte aveva sospeso il processo bis appena
iniziato, inviando gli atti alla procura per unificarli con l'inchiesta sul
mandante (ancora sconosciuto) e sul presunto killer, Rustam Makhmudov, che nel
frattempo era stato catturato in Cecenia.
CASO IRRISOLTO -
Politkovskaia, giornalista della Novaya Gazeta, specializzata in inchieste
sulla corruzione e violazioni dei diritti umani da parte dello stato in Russia
e Cecenia, fu uccisa nel 2006, a 48 anni, da un commando che la seguì fino a
sotto la sua casa di Mosca. A premere il grilletto, secondo la ricostruzione
della corte, fu Rustam Makhmudov su incarico di Gaitukayev.
Il delitto aveva scosso profondamente l'opinione pubblica
internazionale perché furono in molti a insinuare che dietro potessero esserci
interessi e personaggi legati direttamente al Cremlino. Le inchieste, invece,
imboccarono quasi subito la pista cecena che ha portato al processo di oggi. Se
una verità giudiziaria si è raggiunta sugli esecutori, resta però ancora
un'ombra enorme sui mandanti e pochi credono che i ceceni avessero un movente
reale per uccidere la giornalista.
L’AMAREZZA DEL FIGLIO E DEL GIORNALE
- Il primo a pensarla così è Ilià, uno dei figli di Anna Politkovaskaia:
"Non posso dire di essere soddisfatto della sentenza - ha detto poco dopo
il verdetto - perché non sono stati
individuati i mandanti, che è la cosa più importante". Stesso commento
dalla veterana dei movimenti per i diritti umani in Russia, Lydmila Alekseyeva:
i colpevoli hanno ricevuto la "meritata e giusta condanna", ma il
caso sull'assassinio della reporter non può ritenersi chiuso finché non verrà
individuato e punito chi diede ordine ai cinque condannati di organizzare e
mettere in atto quell'assassinio: "Gli esecutori sono stati condannati -
ha detto - , ma nessuno di loro aveva motivi personali per commettere questo
crimine; sono stati pagati da qualcuno. Il caso di Anna Politkovskaya non è
finito. Stessa opinione quella del vice direttore di Novaya Gazeta, Serghiei
Sokholov, secondo il quale le indagini devono andare avanti.
In effetti sembra strano che a volere la sua morte siano
stati dei ceceni, visto che lei si batteva proprio per la loro causa,
denunciando i soprusi della Russia sul loro territorio. Probabilmente i
mandanti sono troppo in alto per essere accusati. E si sa, la verità a certe
vette non può arrivarci.
(Fonte: La
Repubblica)
il responsabile di questo delitto è il criminale che siede al cremlino; ed europa e usa non lo accusano apertamente per questioni di interesse..
RispondiEliminaCosì come nessun giornale della cosiddetta stampa libera e democratica lo accusa per i carichi di armi ed i mercenari ceceni da lui nviati nell'est Ucraina per fomentare disordini e cercare di mantenere il potere di mosca.
Probabilmente è così. Ma è anche vero che quell'area dell'Ucraina vuole restare filo-russa e non vedo il motivo per cui Usa, Europa e nazisti ucraini debbano impedirglielo
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