Una nuova strategia
militare che prevede una proiezione della propria marina nell'oceano aperto al
di là dei confini marittimi prestabiliti e un rafforzamento della capacità di
cyberwarfare dell'Armata del Popolo
Non svegliare
la Cina che dorme. Il Paese, diventato da anni una potenza economica mondiale
affidandosi a un feroce capitalismo nascosto dietro una bandiera rossa, negli
ultimi tempi ha messo in atto un rapido e sostanzioso armamento che prevede una
proiezione della propria marina nell'oceano aperto al di là dei confini
marittimi prestabiliti e un rafforzamento della capacità di cyberwarfare
dell'Armata del Popolo. Questi sono i presupposti al centro del nuovo documento
di dottrina strategica approvato due settimane fa dall'Ufficio informazione del
Consiglio di Stato cinese - di fatto l'esecutivo di Pechino - e diffuso dai
media della Repubblica popolare. Negli ultimi 27 anni la Cina ha aumentato le
spese per la difesa di circa il 10% l’anno. Dal 2003, l’incremento è stato
complessivamente pari al 175%. Ma quali sono i reali obiettivi della Patria di
Mao?
L'OBIETTIVO - Il testo sottolinea la necessità di attuare
una “protezione del mare aperto” piuttosto che la “difesa delle acque
territoriali” e prevede di sviluppare una forza per “affrontare le gravi
minacce legate alla sicurezza”. Tra queste, denuncia il documento, una
destabilizzazione che le potenze occidentali hanno utilizzato finora a man
bassa contro paesi poi gettati nella guerra civile come Siria e Ucraina. «Le
forze anti-cinesi – recita il testo - non hanno mai smesso di cercare di
istigare una rivoluzione colorata nel Paese».
Consta di 9mila caratteri il documento di strategia, il nono
dal 1998, ma il primo a entrare così specificamente nel dettaglio della
strategia militare di Pechino. Il documento parte da un principio: la Cina
"non attaccherà a meno che non sia attaccata, ma certamente
contrattaccherà, se attaccata". Alla base della nuova dottrina c'è un
approccio non più meramente difensivo, ma di difesa attiva che punta a
"vincere le guerre locali informazionalizzate".
"L'aggiustamento si è reso necessario in un momento in
cui armi ed equipaggiamenti a lungo raggio, precisi, smart, invisibili e senza
piloti sono diventati sempre più sofisticati e lo spazio esterno e il
cyberspazio sono nuovi terreni di comando" spiega Yan Wenhu, un
ricercatore dell'Accademia di scienza militare e dell'Armata del popolo cinese.
In particolare, la Marina cinese non si baserà più solo su
una difesa "delle acque offshore", ma di una combinata "difesa
delle acque offshore e protezione dei mari aperti". Proprio questo diverso
approccio va a incrociarsi con uno dei temi più caldi sul piatto della politica
asiatica: le rivendicazioni territoriali nel mar Cinese meridionale che
oppongono Pechino e altri paesi come le Filippine o il Giappone, protagonisti a
loro volta di un rapido processo di militarizzazione sostenuto dagli Stati
Uniti che a ridosso dello spazio di Pechino hanno realizzato numerose nuove
basi militari e spostato parecchie migliaia di soldati.
LA DIFFICILE CONVIVENZA COI VICINI
- Sulla superficie del Mar Cinese Meridionale, di quello Orientale e in
generale dell’Oceano Pacifico, il risiko delle potenze in competizione tra loro
si fa sempre più teso, tra aerei spia, isole artificiali, manovre militari e
accuse incrociate, con Pechino che nel suo nuovo ruolo di potenza regionale con
proiezione mondiale rivendica l’80% di queste acque a scapito dei suoi vicini: Filippine,
Vietnam, Malesia, Taiwan e Brunei, per citare solo quelli direttamente
coinvolti in dispute territoriali con il gigante asiatico.
Lo scorso anno Pechino era arrivata ai ferri corti con il
Vietnam per le isole Paracelso (e con il Giappone per le Senkaku). Adesso ha
preso di mira le Isole Spratly, rivendicate anche dalle Filippine. Le tensioni
hanno subito negli ultimi mesi una vera e propria escalation. Pechino ha
infatti intensificato la costruzione di isolotti artificiali e di altre
strutture fisse sulle coste dell’arcipelago conteso (secondo gli Stati Uniti,
in 5 mesi la Cina ha quadruplicato la superficie artificiale nell’area). La
tensione è salita il 20 maggio scorso, quando un caccia statunitense di
pattugliamento ha sorvolato la zona a ridosso di un isolotto artificiale
costruito dalla Cina, provocando la reazione della marina militare cinese.
Negli ultimi anni Pechino ha realizzato consistenti
investimenti per rafforzare la sua marina, a partire dal riallestimento di una
portaerei. Ma ora deve fare uno sforzo ulteriore, perché la Cina "sta
affrontando sfide crescenti dal mare e il paese è più dipendente dalle risorse
marittime e dall'energia" ha spiegato ai media Yu Miao, un altro
ricercatore dell'Accademia delle scienze militari.
"La mentalità tradizionale per la quale il controllo
della terra è più importante di quello del mare deve essere abbandonato, e
grande importanza deve essere data alla gestione dei mari e degli oceani e alla
protezione dei diritti e interessi marittimi", si legge nel documento
strategico del Consiglio di Stato.
Gli altri settori sui quali il documento si concentra sono
quello del rafforzamento delle capacità di cyberwarfare per rispondere a
"pesanti minacce alla sicurezza" e quello del nucleare, per il quale
Pechino garantisce la contrarietà ad iniziare qualsiasi corsa agli armamenti.
E’ in questo clima che si terrà la conferenza annuale sulla
sicurezza convocata a Singapore questa settimana e alla quale parteciperanno il
segretario alla Difesa statunitense Ash Carter, l’ammiraglio cinese Sun Jianguo
e i vertici militari di tutti i principali Paesi asiatici.
Già un mese fa, i leader dell’Asean (alleanza regionale
asiatica che guarda a Washington) avevano sottoscritto una dichiarazione
congiunta dai toni allarmati e decisi, nella quale, senza mai citare
espressamente Pechino, manifestavano «seria preoccupazione» per le
rivendicazioni territoriali nel Mar cinese meridionale, che «potrebbero
compromettere la sicurezza e la pace nella regione».
COME SI STANNO ATTREZZANDO GLI ALTRI
- Da parte sua il Giappone ha ormai
esplicitamente messo in discussione il “pacifismo” della sua Costituzione
postbellica cancellando o revisionando quegli articoli, imposti dai vincitori
della Seconda Guerra Mondiale, che proibivano a Tokyo di mandare le proprie
truppe oltreconfine. Con risultato che già all’inizio di luglio alcune decine
di membri delle cosiddette ‘Forze di autodifesa’ giapponesi parteciperanno alle
prossime manovre militari congiunte Stati Uniti-Australia. Le esercitazioni biennali
Talisman Sabre, che saranno tenute in diverse località dell’entroterra
australiano e delle sue coste e coinvolgeranno fino a 30.000 effettivi,
comprenderanno una vasta gamma di situazioni belliche, incluse operazioni in
mare, sbarchi, guerriglia e conflitto in aree urbane. Il tentativo da parte del
governo nazionalista di Tokyo è quello di accreditarsi come un partner militare
sempre più attivo degli Stati Uniti accentuando la competizione con Pechino.
Intanto se a maggio le forze navali di Manila e Tokyo hanno tenuto le loro
prime manovre congiunte si apprestano a farlo anche i vascelli da guerra malesi
e statunitensi.
Anche altri paesi della regione hanno messo mano ai propri
budget militari investendo crescenti risorse in armamenti. La spesa annua per
la difesa sostenuta dai 10 Stati dell’Asean salirà a 52 miliardi di dollari in
5 anni, dai 42 attuali. E – su questo Pechino ci ha visto giusto - gran parte
delle risorse stanziate andrà proprio alla Marina. La Malesia, per esempio, ha
ordinato sei corvette (2,5 miliardi di dollari). Il Vietnam ha acquistato tre
sottomarini di fabbricazione russa e ne ha commissionati altrettanti.
Singapore, che ha già quattro sottomarini, ne comprerà altri due dalla
Germania, mentre l’Indonesia ne ha ordinati tre dalla Corea del Sud. Nella
lista della spesa compaiono anche mezzi anfibi in grado di trasportare carri
armati, elicotteri e truppe. Le Filippine contano di ricevere 10 guardiacoste
dal Giappone entro l’anno. Come avverte giustamente il quotidiano di Confindustria
“se i costruttori come ThyssenKrupp o Daewoo possono brindare per le commesse
in arrivo, il potenziamento delle flotte navali rende imprevedibili le
conseguenze di eventuali incidenti in acque sempre più affollate”.
(Fonte: Contropiano)
la cina è sempre più vicina!
RispondiEliminapiù sono piccoli, più sono cattivi!
RispondiEliminaHo aperto e ho visto che si parlava di "supposte".
RispondiEliminaCosì ho deciso di approfondirmi. E sono arrivato alla prima "supposta" (sottintesa "la verità" ): quella dei "confini marittimi prestabiliti". E come si vedono i confini? La supposta non lo dice. Ma è probabile che le acque da un lato del confine siano di un colore, dall'altro di un altro.
Parimenti la supposta non dice che con il capitalismo cinese ci fanno gli affari gli imprenditori occidentali. Quelli italiani in particolare, che hanno pensato bene di chiudere le fabbriche qua da noi per andarsene in Cina. Come hanno fatto nella Campania della supposta, regalando manovalanza alla camorra.
Mi sono "scialato" abbastanza. Di supposte ce n'è quante se ne vuole. Accomodatevi...io ho fatto il pieno.
Quanto alla prima obiezione, mi fa specie, visto che fai tanto il saccente, che non sappia che anche oceani e mari sono sottoposti a confini. La diatriba riguardante i due Marò ne è un esempio. Quanto alla seconda, non ho dubbi che anche gli italiani speculino in Cina. Ma proprio perchè c'è un regime finto-comunista che glielo consente.
EliminaSpero che le supposte assimilate giovino alla tua salute e alla tua obiettività ;)