CON LA SCUSA DELL’AUMENTO DELL’IVA, SI VENDICA PER I SUOI
GUAI GIUDIZIARI. MA CROLLANO I SUOI TITOLI A PIAZZA AFFARI, MENTRE SALE ANCHE
LO SPREAD CHE SFIORA I 300 PUNTI
“La sentenza non avrà ripercussioni politiche”, aveva detto
Silvio Berlusconi all’indomani della condanna a quattro anni per evasione
fiscale. Ma ormai si sa, le sue parole sono equiparabili alle promesse di
fedeltà di un marinaio a una bella fanciulla. E così sabato ha ordinato ai suoi
Ministri di dimettersi, e in generale, alla sua parte politica di non sostenere
più il Governo Letta. Una mazzata per una situazione economica già
delicatissima, all’indomani della votazione della Legge di stabilità, di altre
riforme che finalmente sembravano essersi messe in moto, e di altre norme
riguardanti il sociale: su tutte il femminicidio. Ora si rischiano mesi di
stasi, con lo Spread che riprende a salire, ormai in direzione quota 300.
Questa volta però il Cavaliere è meno forte del solito, con una parte del Pdl
che non vuole seguirlo nel clamoroso ritorno a Forza Italia e con i suoi titoli
in Borsa che fanno registrare un calo.
LA SCUSA DI IVA E IMU - “La stabilità di governo è un bene se si nutre
di due cose: un governo capace di lavorare bene e una maggioranza unita sulle
cose da fare e fondata sul rispetto reciproco - spiega il Cavaliere -. Invece
nelle ultime settimane abbiamo avuto un governo capace solo di rinviare, di
proporre il blocco dell'Iva aumentando altre tasse, di tagliare l'Imu solo a
metà per ricattare il Pdl e costringerlo a stare al governo, un governo prono
rispetto ai diktat dei burocrati dell'Unione europea”.
"Pdl disponibile a votare sì" - "Abbiamo
pazientemente offerto soluzioni a ogni livello istituzionale per evitare di
fare precipitare la situazione. Non ci hanno voluto ascoltare", accusa
Berlusconi. Secondo l'ex premier il nodo è quello dell'Iva e dell'Imu, punti
troppo importanti per essere elusi dietro l'alibi dei conti in regola imposti
dall'Unione europea. "So e sappiamo distinguere il reale interesse dei
cittadini. Per questo motivo, se il governo proporrà una legge di stabilità
realmente utile all'Italia, noi la voteremo - è l'apertura, inaspettata, del
leader del Pdl/Forza Italia -. Se bloccheranno l'aumento dell'Iva senza
aumentare altre tasse noi lo voteremo. Se, come si sono impegnati a fare,
taglieranno anche la seconda rata Imu, noi voteremo favorevolmente. Noi ci
siamo e ci saremo su tutte le altre misure utili, come il rifinanziamento della
cassa integrazione, delle missioni internazionali, il taglio del cuneo
fiscale".
L’AFFONDO AL PD - "Abbiamo
avuto il nostro maggior alleato, il Pd, che si vergogna di stare in un governo
contro natura e che per bocca di tutti i suoi esponenti di vertice annuncia
l'intenzione di buttare fuori dal Parlamento il leader del partito alleato,
violando la Costituzione - attacca Berlusconi -. In questo modo assecondano gli
istinti della loro base, nutrita da venti anni nell'odio contro di me e pensano
di chiudere una partita che dura dal 1994". Eppure, rivendica,
"abbiamo pazientemente offerto soluzioni a ogni livello istituzionale per
evitare di fare precipitare la situazione. Non ci hanno voluto ascoltare".
"Per questo - sottolinea Berlusconi - ho deciso di chiedere ai ministri
Pdl di dare le proprie dimissioni. So bene che è una scelta dura e impopolare.
Ho previsto tutte le accuse che mi stanno rovesciando addosso in queste ore e
anche lo sconcerto di parte del nostro elettorato, preoccupato giustamente
della situazione economica e sociale". "A loro - è l'appello che
arriva da Berlusconi - dico di non credere a coloro che da vent'anni hanno
bloccato le nostre riforme per cercare di eliminarmi dalla scena politica. Sono
gli stessi che oggi mi dicono di non anteporre me stesso al bene dell'Italia.
Ciò non è mai stato in discussione per me e per la mia forza politica, in tutti
questi anni. Noi siamo quelli che negli anni Novanta hanno salvato i governi
della sinistra quando non avevano maggioranza sulla politica estera. Noi siamo
quelli che hanno voluto Monti, Bonino, Prodi in posizioni di vertice in Europa,
perché italiani". "Noi - ricorda ancora il leader Pdl - siamo quelli
che non abbiamo mai lavorato all'estero contro il governo italiano quando
eravamo all'opposizione. Noi siamo quelli che due anni fa hanno votato contro
l'arresto di un senatore del Pd, nello stesso giorno in cui loro votavano per
far arrestare un nostro deputato, che fu peraltro scarcerato dopo alcune
settimane". "Noi - dice ancora - siamo quelli che hanno voluto il
governo Monti e il governo Letta, sperando potesse essere un governo di riforme
e di pacificazione".
I SUOI TITOLI CROLLANO - Piazza
Affari gli fa pagare le dimissioni dei suoi ministri molto caro: Mediaset perde
il 4,39% a quota 3,004 euro, con quasi 800mila pezzi passati di mano. E' uno
dei peggiori ribassi dell'indice Ftse Mib, che perde in avvio il 2,20 per
cento. Ma è tutto l'universo berlusconiano a perdere: Mediolanum apre a -1,74%
in asta di volatilità, Mondadori a -5,24% a 0,886 euro. D'altronde, non è la
prima volta che Piazza Affari condiziona o tenta di condizionare la vita
politica: già a fine agosto, quando le voci di crisi da parte del Cavaliere si
fecero più insistenti, in Borsa arrivò una mazzata a Mediaset, segno che certe
cose più che nell'aria sono nei numeri.
LE COLOMBE CHE POTREBBERO TRADIRLO
- Tutte le colombe riunite attorno ad un tavolo domenica sera, giorno del compleanno
di Silvio Berlusconi. La cena più importante non è stata né ad Arcore e né
Palazzo Grazioli, ma nella casa romana del ministro Gaetano Quagliariello, al
quartiere Salario. "Non ci faremo intimidire" ha detto Angelino
Alfano ieri mattina e queste poche parole sono il succo di quello che ieri sera
è stato deciso. C'erano tutti i ministri dimissionari del Popolo della Libertà:
la barca sulla quale navigano è la stessa e quindi è bene adottare una
strategia comune. Ecco perché Nunzia De Girolamo e Beatrice Lorenzin si sono
fiondate a casa del ministro: hanno bisogno di una sponda dopo la vittoria dei 'falchi'
perché sanno che senza coperture il loro futuro all'interno di Forza Italia è
praticamente nullo.
Maurizio Lupi e Alfano sono gli unici che, insieme a
Quagliariello, possono aiutarle. "E' il momento di fare un piano
comune": era questo l'obiettivo ed è stato centrato.
LETTA BIS IMPROBABILE – Il
sentore è che si vada verso un Governo “di scopo” e poi a nuove elezioni,
possibilmente con un’altra legge elettorale. Un Letta bis è infatti molto
improbabile, sebbene le opzioni in campo siano tre.
1. La defezione del Pdl potrebbe essere colmata da una
sterzata a sinistra: sulla carta, infatti, Pd (108 senatori, ma il presidente
dell'Aula, Pietro Grasso, per prassi si astiene, quindi 107 voti utili), più
Sel (7), più M5S (50) sarebbero in grado di dar vita a quella «maggioranza
alternativa» che Pier Luigi Bersani ha provato a mettere in piedi. Ma Grillo ha
già fatto sapere di non essere disposto ad alleanze e vuole subito il voto.
2. Ne consegue, dunque, che l'asse del futuro governo debba
rimanere necessariamente ancorato al centro: in questo caso allo «zoccolo duro»
rappresentato dal Pd (107) si aggiungerebbero i 20 senatori di Scelta civica, i
10 delle Autonomie e i 7 di Sel. Totale 144 seggi.
Ancora troppo pochi, però, per garantire l'autonomia di un governo
Letta o di un Letta bis che avrebbe la sua autosufficienza solo raggiungendo
quota 161, cioè il quorum compresi i senatori a vita. Una manciata di voti
mancanti, questa, che potrebbe arrivare dalle mille diaspore fin qui consumate
dai grillini. Formalmente, comunque, i grillini fuoriusciti dal Movimento sono
solo 4. Un contributo potrebbe venire anche da cinque (senza contare Monti, in
Scelta civica) senatori a vita (ma in realtà sarebbero 4 perché le condizioni
di salute non consentono a Carlo Azeglio Ciampi di andare al Senato). Ma
bisogna anche dire che difficilmente Sel deciderà di governare con Scelta
civica.
3. E veniamo alla terza opzione: Pd (107), Scelta civica
(20), autonomisti (10) e Sel (7) - totale 144 seggi, a cui potrebbero
aggiungersi i senatori a vita (4) - arruolerebbero nella nuova maggioranza i
grillini fuoriusciti dal M5S e, soprattutto, una consistente pattuglia di
«responsabili» del Pdl che non sono disposti a seguire la «deriva estremista»
della falange Verdini-Santanchè. Su questa operazione di distacco dal Pdl, il
condizionale è d'obbligo, perché la forza di attrazione e di persuasione del
Cavaliere è sempre fortissima. Eppure è un fatto che 4 senatori del Pdl
(Gaetano Quagliariello, Carlo Giovanardi, Pippo Pagano, Salvatore Torrisi) e
Paolo Naccarato di Gal non hanno firmato la lettera di dimissioni da
parlamentare chiesta ai suoi uomini da Berlusconi.
Un’opzione molto improbabile, poiché regge sulla possibilità
che si racimolino parlamentari da Pdl e Movimento 5 stelle.
Insomma, come da vent’anni a questa parte, Berlusconi tiene
ancora una volta bloccato un Paese dietro i suoi guai giudiziari. E andrà
avanti fin quando una fetta importante degli italiani gli darà la possibilità
di farlo continuando a votarlo. Voti che provengono ancora soprattutto dal Sud,
proprio la parte d’Italia maggiormente penalizzata dal suo atteggiamento
irresponsabile e opportunistico.
Da queste parti, purtroppo, l’ignoranza e la disinformazione
la fa ancora da padrona.
pazzo furioso. e stasera l'uscita su Napolitano. Troppo poco che crollino i suoi titoli in borsa
RispondiEliminae il paese che aspetta ancora..