lunedì 9 febbraio 2015

DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA AL PREMIER PASSANDO PER MINISTRI E SOTTOSEGRETARI: LA DITTATURA DELLA MARGHERITA

TANTI ESPONENTI DELLE PIU’ ALTE CARICHE PROVENGONO DA QUEL PARTITO, OGGI CONFLUITO NEL PD. RUTELLI SE NE E’ PRESO I MERITI

Perché Margherita è un sogno,
perché Margherita è sale,
perché Margherita è il vento,
e non sa che può far male,
perché Margherita è tutto,
ed è lei la mia pazzia…

La struggente canzone “Margherita” cantata da Riccardo Cocciante bene si presta a fare da colonna sonora per l’attuale quadro istituzionale italiano. Già perché con Sergio Mattarella Presidente della Repubblica, si aggiunge un altro petalo alla già folta squadra di politici che viene da quel partito, nel 2007 confluito come noto assieme ai Ds nel Partito democratico. Ed è felicissimo e orgoglioso lui, Francesco Rutelli, il Clinton di Trastevere, ex Sindaco di Roma, ex candidato Premier per il centrosinistra nel 2001 (sconfitto da Berlusconi), ex Ministro dei beni culturali e ora in prepensionamento dopo averci riprovato nel 2008 a fare il Sindaco della Capitale (sconfitto da Alemanno). Ha paragonato la scuola politica margheritina alla Cantera del Barcellona, mentre Il Foglio ha già ribattezzato il Governo Renzi “Er Governo Rutelli”. Ma vediamo tutti gli attuali esponenti delle più alte cariche che vengono da lì.

TUTTI I MARGHERITINI - Perché Matteo Renzi, in fondo, lo ha scoperto lui, quando il premier era presidente della provincia e quando lui era il capo del partito oggi – comunisti chi? – più rappresentato al governo. Perché Luca Lotti in qualche modo lo ha cresciuto il suo partito, e lui ricorda ancora quando, giovanissimo, l’attuale braccio destro di Renzi – “Il Luca” – lo andava a prendere in macchina alla stazione per fargli girare Firenze. Perché Filippo Sensi, portavoce di Renzi, fu anche il suo portavoce, quando lui fu sindaco di Roma e anche ai tempi della margherita. Perché Dario Franceschini, oggi ministro dei Beni culturali, azionista forte del governo, ai tempi, prima di prendere un’altra strada, era, negli anni della Margherita, il coordinatore della sua segreteria. Anche Paolo Gentiloni, già Ministro delle comunicazioni nel Governo Prodi II e oggi Ministro degli esteri, pure viene da lì.
Anche Lapo Pistelli, altro candidato al Ministero degli Esteri per il quale Renzi ha lavorato alla fine degli anni Novanta come portaborse, sempre da lì viene, dal suo vecchio partito, ed è stato sempre lui a crescerlo e a formarlo politicamente parlando. Perché Antonello Giacomelli (sottosegretario allo Sviluppo economico, ex Margherita), Pier Paolo Baretta (sottosegretario all’Economia, ex Margherita), Giampiero Bocci (sottosegretario all’Interni, ex Margherita), Luigi Bobba (sottosegretario al Lavoro, ex Margherita), Lorenzo Guerini (vicesegretario del Pd, ex Margherita), Graziano Delrio (sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ex Margherita), Sandro Gozi (sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ex Margherita, e a Palazzo Chigi non c’è nessuno praticamente che non venga dalla Margherita), hanno una storia parallela, non di diretto contatto con lui, ma sempre da quel partito vengono e sempre nel suo partito si sono formati e – anche se oggi si trovano quasi tutti sotto il controllo politico di Dario Franceschini, ex Margherita, capo della corrente più margheritina del Pd, area Dem – sempre con lui sono in qualche modo cresciuti.

LA RIVINCITA DELLA MARGHERITA SUI DS - Partitino destinato a farsi fagocitare dal partitone dei Ds, così gonfio di tesserati e patrimonio immobiliare, quello di Francesco Rutelli è però nell’ultimo anno fiorito in una rigogliosa primavera fuori tempo massimo.
Impietoso è il confronto con i magri risultati degli ex Ds, costretti nel ruolo di minoranza interna, sempre sul piede di guerra, sempre travolta da Matteo Renzi. Ha buone ragioni, Rutelli, per autocelebrarsi, intervistato dal Tempo: «Oggi viene confermata la validità dell’esperienza della Margherita, di quel percorso che abbiamo seguito, io e tanti altri, in quegli otto anni, fino al 2008». «Nel partito» continua Rutelli, «si è ritrovata una compagine ricca e plurale. Del resto la Margherita era l’unica possibilità per uscire dal vecchio dualismo Dc-Pci».
E Veltroni sta a questo gioco, consapevole del fallimento della classe dirigenziale dei Ds. Che ha avuto più volte l’occasione di governare: «Per me non esistono né gli ex Ds né gli ex Dc» dice il fondatore del Pd a Repubblica, «Sono partiti finiti 20 anni fa. Non è che la sinistra esiste solo se c’è uno di sinistra al vertice delle istituzioni».

Certo, bisogna anche ricordare come Rutelli nella Prima Repubblica sia stato un fervente radicale anticlericale. Per poi riscoprirsi democristiano nella Seconda. Ma il voltafaccia gli è valso una bella carriera istituzionale e oggi un fiero ruolino da chioccia.
E poi, per concludere come abbiamo iniziato, Rutelli avrà pure canticchiato “Perché Margherita è mia!


2 commenti:

  1. ma noi siamo pur sempre un paese di democristiani, e moriremo democristiani..:)

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  2. Democristiani gli uomini, democristiana l'azione politica di Renzi e dei suoi. Con buona pace di chi si ostina a considerare il Pd un partito di centrosinistra. E un de profundis per la Terza Repubblica, soffocata in culla.

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