TANTI ESPONENTI DELLE PIU’ ALTE CARICHE PROVENGONO DA QUEL
PARTITO, OGGI CONFLUITO NEL PD. RUTELLI SE NE E’ PRESO I MERITI
Perché Margherita è un sogno,
perché Margherita è sale,
perché Margherita è il vento,
e non sa che può far male,
perché Margherita è tutto,
ed è lei la mia pazzia…
La struggente canzone “Margherita” cantata da Riccardo
Cocciante bene si presta a fare da colonna sonora per l’attuale quadro
istituzionale italiano. Già perché con Sergio
Mattarella Presidente della Repubblica, si aggiunge un altro petalo alla
già folta squadra di politici che viene da quel partito, nel 2007 confluito
come noto assieme ai Ds nel Partito democratico. Ed è felicissimo e
orgoglioso lui, Francesco Rutelli, il Clinton di Trastevere, ex Sindaco di
Roma, ex candidato Premier per il centrosinistra nel 2001 (sconfitto da
Berlusconi), ex Ministro dei beni culturali e ora in prepensionamento dopo
averci riprovato nel 2008 a fare il Sindaco della Capitale (sconfitto
da Alemanno). Ha paragonato la scuola politica margheritina alla Cantera
del Barcellona, mentre Il Foglio ha già ribattezzato il Governo Renzi “Er Governo Rutelli”. Ma vediamo tutti
gli attuali esponenti delle più alte cariche che vengono da lì.
TUTTI I MARGHERITINI - Perché
Matteo Renzi, in fondo, lo ha scoperto lui, quando il premier era presidente
della provincia e quando lui era il capo del partito oggi – comunisti chi? –
più rappresentato al governo. Perché Luca Lotti in qualche modo lo ha cresciuto
il suo partito, e lui ricorda ancora quando, giovanissimo, l’attuale braccio
destro di Renzi – “Il Luca” – lo
andava a prendere in macchina alla stazione per fargli girare Firenze. Perché
Filippo Sensi, portavoce di Renzi, fu anche il suo portavoce, quando lui fu
sindaco di Roma e anche ai tempi della margherita. Perché Dario Franceschini,
oggi ministro dei Beni culturali, azionista forte del governo, ai tempi, prima
di prendere un’altra strada, era, negli anni della Margherita, il coordinatore
della sua segreteria. Anche Paolo Gentiloni, già Ministro delle comunicazioni
nel Governo Prodi II e oggi Ministro degli esteri, pure viene da lì.
Anche Lapo Pistelli, altro candidato al Ministero degli
Esteri per il quale Renzi ha lavorato alla fine degli anni Novanta come
portaborse, sempre da lì viene, dal suo vecchio partito, ed è stato sempre lui
a crescerlo e a formarlo politicamente parlando. Perché Antonello Giacomelli
(sottosegretario allo Sviluppo economico, ex Margherita), Pier Paolo Baretta
(sottosegretario all’Economia, ex Margherita), Giampiero Bocci (sottosegretario
all’Interni, ex Margherita), Luigi Bobba (sottosegretario al Lavoro, ex
Margherita), Lorenzo Guerini (vicesegretario del Pd, ex Margherita), Graziano
Delrio (sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ex Margherita), Sandro
Gozi (sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ex Margherita, e a Palazzo
Chigi non c’è nessuno praticamente che non venga dalla Margherita), hanno una
storia parallela, non di diretto contatto con lui, ma sempre da quel partito
vengono e sempre nel suo partito si sono formati e – anche se oggi si trovano
quasi tutti sotto il controllo politico di Dario Franceschini, ex Margherita,
capo della corrente più margheritina del Pd, area Dem – sempre con lui sono in
qualche modo cresciuti.
LA RIVINCITA DELLA MARGHERITA SUI DS
- Partitino destinato a farsi fagocitare dal partitone dei Ds, così gonfio di
tesserati e patrimonio immobiliare, quello di Francesco Rutelli è però
nell’ultimo anno fiorito in una rigogliosa primavera fuori tempo massimo.
Impietoso è il confronto con i magri risultati degli ex Ds,
costretti nel ruolo di minoranza interna, sempre sul piede di guerra, sempre
travolta da Matteo Renzi. Ha buone ragioni, Rutelli, per autocelebrarsi,
intervistato dal Tempo: «Oggi viene
confermata la validità dell’esperienza della Margherita, di quel percorso che
abbiamo seguito, io e tanti altri, in quegli otto anni, fino al 2008». «Nel partito» continua Rutelli, «si è ritrovata una compagine ricca e
plurale. Del resto la Margherita era l’unica possibilità per uscire dal vecchio
dualismo Dc-Pci».
E Veltroni sta a questo gioco, consapevole del fallimento
della classe dirigenziale dei Ds. Che ha avuto più volte l’occasione di
governare: «Per me non esistono né gli ex
Ds né gli ex Dc» dice il fondatore del Pd a Repubblica, «Sono partiti finiti 20 anni fa. Non è che
la sinistra esiste solo se c’è uno di sinistra al vertice delle istituzioni».
Certo, bisogna anche ricordare come Rutelli nella Prima
Repubblica sia stato un
fervente radicale anticlericale. Per poi riscoprirsi democristiano nella
Seconda. Ma il voltafaccia gli è valso una bella carriera istituzionale e oggi un fiero ruolino da chioccia.
E poi, per concludere come abbiamo iniziato, Rutelli avrà
pure canticchiato “Perché Margherita è
mia!”
(Fonti: Il
Foglio, L’Espresso)
ma noi siamo pur sempre un paese di democristiani, e moriremo democristiani..:)
RispondiEliminaDemocristiani gli uomini, democristiana l'azione politica di Renzi e dei suoi. Con buona pace di chi si ostina a considerare il Pd un partito di centrosinistra. E un de profundis per la Terza Repubblica, soffocata in culla.
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