DA GABER A JOVANOTTI, SONO IN TANTI AD ESSERSI
DISAFFEZIONATI. MA ANCHE I LORO TESTI DA ANNI SONO VUOTI
«Non voto più, la mia
sinistra si è persa tra slow food e No Tav». Con queste parole il cantautore
romano Francesco De Gregori - da cinquant’anni voce musicata della sinistra
italiana - ha espresso la sua profonda delusione per il Partito democratico. Lui,
che nel suo repertorio vanta tante canzoni di lotta e denuncia sociale, si è
accorto, forse con un po’ di ritardo, che gli eredi del Pci sono lontani dal
loro partito d’origine; lo stesso che ha avuto proprio in De Gregori e altri
cantautori la propria colonna sonora negli anni ’60 e ‘70. Oggi quasi tutti se
ne sono dissociati. La lista comincia a diventare lunga, ma forse con De
Gregori trova la sua definitiva chiusura, essendone egli il più rappresentativo
ancora in vita.
LE DURE PAROLE DI DE GREGORI
- Parlando con Cazzullo per il Corriere della sera, ha snocciolato tutti i mal
di pancia di chi votava a sinistra e ora anche no. La sinistra? «È un arco
cangiante che va dall'idolatria per le piste ciclabili a un sindacalismo
vecchio stampo a tratti incompatibile con la modernità». Berlusconi? Oltre alle
solite precisazioni anti Cav, ha sottolineato che «pensare di eliminarlo per
via giudiziaria credo sia stato il più grande errore di questa sinistra». La
quale, per intenderci, avrebbe fatto meglio a porsi «qualche domanda in meno su
Noemi e qualcuna di più sull'Ilva di Taranto». Probabile che a far rabbrividire
i piddini duri e puri siano state frasi come «sono stato berlusconiano solo per
trenta secondi in vita mia: quando ho visto i sorrisi di scherno di Merkel e
Sarkozy», oppure «trovo ridicolo che si sia appiccicata una lettera scarlatta a
Renzi per un suo incontro con Berlusconi» o, infine quel gelido «ho trovato
inquietante la campagna di Grillo» proprio poco dopo che il Pd di Bersani ha
fatto di tutto per portarselo al governo.
Insomma, dopo aver fatto suonare La storia siamo noi a tutti
i congressi sin dai tempi della «gioiosa macchina da guerra», ora è la sinistra
a farsele suonare dalla propria icona. Oltretutto la base Pd deve pure
trangugiare quello che quasi tutti pensano: «Se il Pd avesse candidato Renzi,
probabilmente avrebbe vinto».
GLI ALTRI CRITICI – Come
scrivevo in precedenza, quella di De Gregori è solo l'ultima di una sfilza di
j'accuse di maestri della musica. Francesco Guccini (La locomotiva è un must da
lacrimoni di nostalgia per vetero comunisti) che non ha fatto giri di parole
quando Prodi è stato trombato nell'ultima corsa al Quirinale. Dopotutto, sul
sottile filo che dal disilluso Gino Paoli arriva al De Gregori di oggi, stanno
in equilibrio della contestazione a sinistra anche Antonello Venditti («Il Pd è
chiuso nel proprio apparato»), Pino Daniele quello che cantava «Questa Lega è
una vergogna» e ora dice di «esser deluso dalla sinistra», Giovanni Lindo
Ferretti (un genietto nato con un gruppo che si chiamava nientemeno che CCCP) e
anche Lorenzo Jovanotti che ha semplicemente detto: «L'opposizione a un vuoto
finisce per essere un altro vuoto».
Al club dei delusi si aggiunge anche Luciano Ligabue, che fu anche consigliere comunale del Pds nella sua Correggio: "Credo di far parte di un club molto nutrito, il Pd sa quanto ha deluso i suoi elettori", tuona Liga durante la presentazione del suo nuovo album "Mondovisione". Poi l'annuncio in salsa prodiana: "Non voterò alle primarie". Il cantante strizza l'occhio al Movimento 5 Stelle al quale attribuisce un ruolo da "memento". Il partito di Beppe Grillo "ha costretto la politica a pensare di dover cambiare, fino al loro arrivo era chiaro agli elettori, ma non alla politica, questo non vuol dire che il M5S abbia le risposte che servono al Paese. Io non so neanche chi le abbia, chi possa essere la persona più indicata. Questo genere di idee me le faccio quando uno opera, quel che è certo è che è sotto gli occhi di tutti la disaffezione per la politica, è facile aver voglia di un cambiamento anche drastico dopo tanti anni".
Al club dei delusi si aggiunge anche Luciano Ligabue, che fu anche consigliere comunale del Pds nella sua Correggio: "Credo di far parte di un club molto nutrito, il Pd sa quanto ha deluso i suoi elettori", tuona Liga durante la presentazione del suo nuovo album "Mondovisione". Poi l'annuncio in salsa prodiana: "Non voterò alle primarie". Il cantante strizza l'occhio al Movimento 5 Stelle al quale attribuisce un ruolo da "memento". Il partito di Beppe Grillo "ha costretto la politica a pensare di dover cambiare, fino al loro arrivo era chiaro agli elettori, ma non alla politica, questo non vuol dire che il M5S abbia le risposte che servono al Paese. Io non so neanche chi le abbia, chi possa essere la persona più indicata. Questo genere di idee me le faccio quando uno opera, quel che è certo è che è sotto gli occhi di tutti la disaffezione per la politica, è facile aver voglia di un cambiamento anche drastico dopo tanti anni".
Accuse dure ma fuori tempo massimo. Basti pensare che il
primo a dissociarsi dalla sinistra italiana fu Giorgio Gaber nel lontano 1978,
con il disco Polli d’allevamento, che segnò la sua frattura con il movimento
giovanile. Gaber forse aveva già capito da allora che la sinistra stava
invecchiando insieme a Berlinguer, fino a morire con lui qualche anno dopo. Ma
a parte ciò, tutti i cantautori dovrebbero forse ammettere che a cambiare è
stato il Mondo, che dagli anni ’80 ha raso al suolo gli archetipi sui quali poggiavano
destra e sinistra, e da cui loro attingevano per scrivere canzoni. Basta
leggere i loro testi degli ultimi vent'anni per accorgersi che sono vuoti tanto
quanto i partiti stessi
(Fonte: Il
Giornale)
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