lunedì 24 febbraio 2014

L’ARRIVISTA RENZI RAGGIUNGE IL SUO SCOPO, MA I MINISTERI CHIAVE LI HANNO DECISI D’ALEMA E BERLUSCONI

QUELLI DELL’ECONOMIA E DEL LAVORO SONO AFFIDATI A DUE PERSONAGGI VICINI AL PRIMO. MENTRE SUL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA SONO STATE FATTE PRESSIONO DAL SECONDO, PER NON PARLARE DEL MINISTRO DELLO SVILUPPO A LUI GRADITO E SU CUI PENDE UN EVIDENTE CONFLITTO DI INTERESSI

E così il Governo Renzi è nato ufficialmente. Anche se qualcuno malignamente lo ha chiamato il Governo Napolitano III. L’ormai ex Sindaco di Firenze, ambizioso e arrivista fino al midollo, ha silurato Enrico Letta, il quale, nella formale consegna dei campanelli a stento gli ha dato la mano. Segno questo di un malumore interno al Partito democratico, dove domina il Renzismo certo, ma sia l’ala sinistra (quella composta soprattutto dai rottamati), sia una parte di quella centrista, mugugnano nei confronti del nuovo Segretario. Sebbene diversi tra quanti lo contestavano fino a poche ore dalla sua investitura a leader del Pd, sono saliti sul carro dei vincitori. Non a caso qualcuno tra loro è stato premiato con la carica di Ministro. Ma guardando la sua squadra di Ministri, ci si rende conto che la sua rivoluzione è già annacquata. Del resto la riunione decisiva con Giorgio Napolitano è durata 2 ore e mezza; indice ciò che più di un nome è stato respinto dal Presidente della Repubblica. Certo, ci sono “solo” 16 Ministri, di cui la metà donne, e lui è il Presidente del Consiglio più giovane della storia della Repubblica italiana. Ma a parte questi dati demografici e statistici, non si va oltre. I Ministeri chiave per una svolta concreta del nostro Paese sono stati imposti da Re Giorgio, alias l’establishment della vecchia politica, alias dalla Borsa e dall’Unione Europea. Non manca neanche lo zampino del Cavaliere su due Ministeri. Ma quest’ultima, in casa Renzi, non è una novità. Dulcis in fundo, è già emerso un conflitto di interessi…

I DUE UOMINI DI D’ALEMA - Massimo D'Alema è riuscito nell'impresa che sembrava impossibile di "piazzare" due suoi uomini nel governo di Renzi. E pensare che l'ex sindaco di Firenze avrebbe voluto rottamarlo... Invece, la poltrona più importante di questo governo, quella dell'Economia, è andata proprio a un uomo di Baffino, Pier Carlo Padoan che di D'Alema è stato consigliere ai tempi in cui lui era a Palazzo Chigi.
Professore di Economia alla Sapienza di Roma, Padoan dal 1998 al 2001 è stato consulente economico per i premier Massimo D'Alema e Giuliano Amato. Già direttore della Fondazione dalemania Italianieuropei, membro della commissione nazionale per il progetto dei Ds e collaboratore dell'Unità, Padoan è sempre stato un fervido sostenitore della riduzione del debito pubblico e, soprattutto, delle tasse. Lo dimostrò nel dicembre del 2009, quando in una intervista a Le Figaro, spiegò che “per risanare i debiti contratti dai Paesi occidentali durante la crisi la diminuzione delle spese non basterà, quindi è inevitabile un aumento delle tasse''. Opinione ribadita un anno dopo quando l'allora capoeconomista dell'Ocse e vicesegretario della stessa organizzazione parigina chiosava: “Può essere pericoloso procedere con aggiustamenti fiscali di grande rilevanza solo attraverso tagli alla spesa, in alcuni casi occorrono anche aumenti delle imposte. Non si può fare tutto solo riducendo la spesa, si deve fare in qualche modo anche aumentando le imposte”.
Padoan ha incassato anche una velata critica dal premio Nobel per l'Economia, Paul Krugman, che sul New York Times scrisse: "Certe volte gli economisti che ricoprono incarichi ufficiali danno cattivi consigli; altre volte danno consigli ancor peggiori; altre volte ancora lavorano all'Ocse".
Ma un altro “uomo di Max”, cresciuto nel Pd e dentro le Coop,  è stato messo da Renzi in un altro ministero-Chiave per il governo: quello del Lavoro. Presidente di Legacoop dal 2002, Giuliano Poletti, il nuovo ministro del Lavoro, è nato a Imola nel 1951, ha in curriculum un’esperienza politica come assessore alle attività produttive del comune di Imola. Cresciuto tra le fila dell'ex Pci poi Pds e Ds ha svolto tutta la sua attività professionale nel mondo della cooperazione: presidente di Legacoop di Imola dal 1989 al 2000, poi presidente Legacoop Emilia Romagna e quindi vicepresidente nazionale. Dal 2006 è anche presidente di Coopfond, la società che gestisce il fondo mutualistico per la promozione cooperativa. Il grande pubblico lo ha conosciuto grazie alla partecipazione a "Ballarò", quando strappò un applauso raccontando di non avere case a Montecarlo o Antigua ma solo una roulotte vicino Cervia e spiegò che la crisi ha "massacrato la gente" per la mancanza di speranza "di venirne fuori"; in quell'occasione affermò che bisognava "cambiare la logica", dare "un segnale a questa Italia del fatto che si vuol star vicini a quelli chi ci provano".

LE PRESSIONI DEL CAVALIERE SUL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA – E veniamo agli uomini graditi a Silvio Berlusconi. Nel 2010 propose al Pdl una riforma della giustizia "condivisa" ed è a favore della separazione delle carriere dei magistrati. Per questo su Andrea Orlando è arrivato l'ok del Cavaliere. Fatti fuori i pm Gratteri e Cantone, considerati troppo intransigenti. Sul ministro della Giustizia, lo si era capito negli scorsi giorni, occorreva anche il placet del Cavaliere. Berlusconi a Renzi lo aveva detto chiaro e tondo: un nome a lui ostile in via Arenula avrebbe portato alle barricate di Forza Italia sulla strada delle riforme. D'altra parte lo stesso Alfano aveva avvertito il sindaco di Firenze: "No a un giustizialista". In un primo momento l'attenzione si era posata su Michele Vietti, in quota Udc. Un nome gradito a entrambe le parti. Renzi, a dire la verità, era tentato da altre strade, più dure e pure: prima fra tutte quella che portava a Nicola Gratteri. Ma Matteo ha dovuto fare i conti con la realtà. Riposizionati però i centristi su altri ministeri ha potuto lasciare fuori Vietti.
Livia Pomodoro, Mario Barbuto, Raffaele Cantone. Sono stati tanti i nomi accostati al ministero della Giustizia. Negli ultimi giorni, nelle ultime ore, il favorito era da più parti considerato Nicola Gratteri. In realtà quella del pm anti 'ndrangheta è rimasta solo una suggestione. Qualcuno aveva ricordato i complimenti di Gratteri al governo Berlusconi sulla lotta alle mafie ("E' stato meglio di Prodi", aveva detto) ma in realtà il pm calabrese è stato considerato troppo "intransigente" per entrare nella squadra di un governo che comunque deve fare i conti con diverse anime. Più che Berlusconi sarebbe stato direttamente Napolitano a preferire un nome politico.
"Ok a un nome politico ma che almeno sia del Pd", il succo del discorso di Renzi. Logico allora che la scelta sia ricaduta su Orlando, il quale passa così dal precedente Dicastero dell’Ambiente a quello della Giustizia. Fuori luogo prima, fuori luogo adesso.

IL MINISTRO DELLA SVILUPPO, TRA CONFLITTO DI INTERESSI E AMICIZIA CON BERLUSCONI - Lunedì scorso a cena ad Arcore da Berlusconi, forse per parlare anche di una sua possibile candidatura con Forza Italia alle prossime europee. Ieri il Cavaliere che pare abbia detto ai suoi: "Abbiamo un ministro pur stando all'opposizione". Su Federica Guidi, neo ministro dello Sviluppo Economico con delega anche alle Comunicazioni, tv comprese, è già bufera. Perché c'è pure un potenziale conflitto di interessi per via delle commesse dell'azienda di famiglia, la Ducati Energia, con Enel, Poste, Ferrovie.
La sua Ducati Energia in quel di Bologna, con fatturato in crescita negli ultimi anni (oltre i 110 milioni) e una sempre più marcata spinta alla delocalizzazione nell'est Europa (Croazia e Romania), nell'estremo Oriente (India) e in America Latina (Argentina) lavora (tanto) di commesse pubbliche, nazionali ed estere. Con un rapporto strettissimo, dunque, con la Pubblica amministrazione.
E non è affatto un caso che ieri il primo atto del neo ministro Guidi, dopo il giuramento al Quirinale, sia stato proprio quello di dimettersi da tutte le cariche operative (era vicepresidente con la delega sugli acquisti) della Ducati Energia e dal consiglio del Fondo italiano d'investimento. Un passo inevitabile, ma una conferma dei possibili conflitti. L'ultima parola spetterà comunque all'Antitrust, l'autorità di garanzia alla quale la legge Frattini ha attribuito il potere di giudicare la posizione dei membri del governo. Dice Stefano Fassina, ex vice ministro dell'Economia, esponente della minoranza del Pd: "Il potenziale conflitto di interessi è del tutto evidente. Ma oltre a questo mi preoccupa la visione del ministro sulla politica industriale, la sua idea di rilanciare il nucleare, la sua contrarietà al ruolo dello Stato nell'economia. Penso che ci sarebbe bisogno di un ministro dello Sviluppo con un orientamento molto diverso".
Ma c’è anche il "caso Guidi" sul versante politico. Tra Guidalberto Guidi, ex falco confindustriale, e Berlusconi c'è un'antica consuetudine. Anche lui era alla cena di Arcore di lunedì. La figlia Federica ha sempre espresso posizioni vicino alla destra berlusconiana. È stata euroscettica, iperliberista fino al punto di proporre l'abolizione del contratto nazionale di lavoro sostituendolo con i contratti individuali. Il Cavaliere ha provato più volte a candidarla nelle sue liste. Pensò addirittura a un futuro da vice di Forza Italia per la giovane industriale. Che ora, però, è al governo mentre Berlusconi è all'opposizione. 
Dice Stefano Fassina, ex vice ministro dell'Economia, esponente della minoranza del Pd: "Il potenziale conflitto di interessi è del tutto evidente. Ma oltre a questo mi preoccupa la visione del ministro sulla politica industriale, la sua idea di rilanciare il nucleare, la sua contrarietà al ruolo dello Stato nell'economia. Penso che ci sarebbe bisogno di un ministro dello Sviluppo con un orientamento molto diverso". Il suo pensiero ben sintetizza la figura della Guidi.

LE 5 AMAZZONI DI RENZI. LE OMBRE SULLA MADIA – Su otto Ministre, cinque sono fedelissime di Matteo Renzi. C’è il primo Ministro della Difesa donna: Roberta Pinotti; c’è Maria Carmela Lanzetta, Ministro degli Affari regionali; agli esteri scalciata la Bonino, c’è un’altra donna: Federica Mogherini, qui la sua biografia. Poi c’è lei, Maria Elena Boschi, la bionda dagli occhi azzurri chiamata la giaguara del Nazareno, a cui va il Ministero delle riforme. Infine, Marianna Madia, l’altra giovane e bella della scuderia Renzi, alla quale è stato affidato il Ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione. Su di lei ho già detto qualcosa (leggi qui), ma sono venute fuori altri scheletri nel suo armadio.  una raccomandata di ferro, con un pedigree lungo come il catalogo del Don Giovanni. E’ pronipote di Titta Madia, deputato del Regno con Mussolini, e della Repubblica con Almirante. E’ figlia di un amico di Veltroni, giornalista Rai e attore. E’ fidanzata del figlio di Giorgio Napolitano. E’ stagista al centro studi Ariel di Enrico Letta. La sua candidatura è dunque espressione del più antico e squallido nepotismo, mascherato da novità giovanilista e femminista. E fa scandalo per il favoritismo, come dovrebbe.
In parlamento la Madia brilla come una delle 22 stelle del Pd che non partecipano, con assenze ingiustificate, al voto sullo scudo fiscale proposto da Berlusconi, che passa per 20 voti: dunque, è direttamente responsabile per la mancata caduta del governo, che aveva posto la fiducia sul decreto legge. Di nuovo fa scandalo, questa volta per l’assenteismo. La sua scusa: stava andando in Brasile per una visita medica, come una qualunque figlia di papà.
Invece di essere cacciata a pedate, viene ripresentata col porcellum anche alle elezioni del 2013. Ma poi arriva il grande Rottamatore, e la sua sorte dovrebbe essere segnata. Invece, entra nella segreteria del partito dopo l’elezione a segretario di Renzi, e ora viene addirittura catapultata da lui nel suo governo: ministra della Semplificazione, ovviamente, visto che più semplice la vita per lei non avrebbe potuto essere.

ALL'AMBIENTE UN NUCLEARISTA FAVOREVOLE ALLA PRIVATIZZAZIONE DELL'ACQUA - Nuclearista e favorevole alla privatizzazione dell'acqua. È il pensiero del neo ministro dell'Ambiente Gianluca Galletti. Ecco che cosa dichiarò a Radio Città del Capo: «Quando ci sarà un piano che dimostrerà che ci sono siti più sicuri e più convenienti di altri, a quel punto se uno di questi siti fosse in Emilia-Romagna io mi assumo la mia responsabilità: dico sì. Altrimenti questo Paese è destinato alla serie C. Vale per il nucleare, come per le infrastrutture».
Commercialista fidatissimo di Pierferdinando Casini, Galletti si dichiarò in favore della costruzione di una centrale nucleare nella sua Emilia Romagna anche dopo il disastro di Fukushima.
Netta anche la sua posizione a favore della privatizzazione dell'acqua. Ecco che cosa disse al Tg5 dopo la vittoria dei "sì" al referendum: «I partiti che hanno sostenuto il referendum sull'acqua e le Regioni che hanno proposto ricorso alla Corte Costituzionale si devono ora assumere la responsabilità di aver causato un danno enorme al Paese nel suo momento più difficile. L'annullamento della normativa sui servizi pubblici locali provocherà un danno gravissimo in termini di crescita. La concorrenza in questi settori strategici è azzerata, e si ritorna all'affidamento diretto a società totalmente partecipate dai Comuni. Si moltiplicheranno ancora proprio quelle società inefficienti che sono l'emblema della lottizzazione politica. L'Udc, con responsabilità, aveva denunciato questo pericolo ai tempi del referendum con una posizione poco conveniente da un punto di vista elettorale, ma giusta per il Paese».

IL RESTO DEI MINISTRI – Per quanto concerne gli altri Ministri, cinque sono i confermati. A parte Andrea Orlando, come detto spostato dall’Ambiente alla Giustizia, si salvano anche il Ministro degli interni Alfano (che però perde la Vice Presidenza), il Ministro della salute Beatrice Lorenzin (colei che ha solo il liceo classico), il Ministro delle infrastrutture Maurizio Lupi e Dario Franceschini, che passa dai Rapporti con il Parlamento alla Cultura.
Le new entry invece sono: Stefania Gianni, Ministro dell’Istruzione e della Ricerca, in quota Scelta civica; Maurizio Martina, alle politiche agricole, in quota Pd.

I RIFIUTI – Renzi ha incassato anche vari no: Alessandro Baricco, indicato fin da subito come possibile ministro della Cultura; Luca Cordero di Montezemolo al ministero dello Sviluppo economico; Romano Prodi all’economia; Andrea Guerra, amministratore delegato di Luxottica, allo Sviluppo; Vittorio Colao, numero uno di Vodafone, sempre allo Sviluppo; Oscar Farinetti, fondatore di Eataly e Renzo Rosso, patron della Diesel, ancora allo Sviluppo; lo stesso Enrico Letta all’Economia; Lucrezia Reichlin, economista, sempre all’Economia; Fabrizio Barca, anch’egli all’Economia.

Insomma, Matteo Renzi si presenta come il nuovo che sa già di vecchio, con una squadra di Governo basata su parenti, amici, lobby, scambi di poltrone. I soliti meccanismi della politica italiana.
Entro stasera dovrà incassare la fiducia. E se proprio non dovesse ottenerla, non sarebbe proprio un male…

SONDAGGI


I votanti sono scettici sulla mossa di Renzi, che ha silurato Letta. I giovani lo sono totalmente, mentre tra gli adulti uno su tre è d'accordo con la scelta dell'ormai ex Sindaco di Firenze.

3 commenti:

  1. Terzo governo in tre anni, il "nuovo che avanza" con i soliti, classici e vecchi inciuci... "Mr. Bean" e la sua squadra continueranno a dissanguare e a spolpare ciò che resta di questo Paese... alla faccia dei cittadini disperati che continuano a suicidarsi...

    Dark

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  2. ricordati che è l'ultima speranza per questo paese...
    se fallisce lui, ci consegnamo in mano ai populisti e fascisti...

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  3. Questo governo non mi piace, non mi piace e non mi piace. Renzi è un chiacchierone presuntuoso. Non riesco a comprendere come Letta, del quale tuttavia, non ho una grande stima (migliore comunque del super psiconano, di monti, di prodi), si sia fatto silurare da un bambino che ancora prende il ciuccio. Forse è indice di debolezza, se è così è un che si sia fatto da parte, peraltro in un anno circa non aveva combinato nulla di buono solo tasse, tasse e tasse, come ha fatto il bambino col ciuccio. Se questi sono uomini politici che guardano al paese allora sono capace anch'io di governare istituendo solo tasse. CHE GRANDE SCHIFO

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