A Un anno e tre mesi,
e uno di interdizione dagli uffici per aver acquisito le utenze telefoniche di
Prodi e Mastella NELL’INCHIESTA WHY NOT. Stessa condanna per il consulente
informatico Gioacchino Genchi
L’inchiesta
Why not è costata cara all’ex Pm Luigi de Magistris, Sindaco di Napoli dal
2011. Non solo l’intero processo è stato smontato, per buona pace dei tanti
indagati, tra cui il Presidente della Regione Loiero, l’ex Premier Romano Prodi,
l’ex Ministro Francesco Rutelli e l’ex Guardasigilli Clemente Mastella, ma ora
per de Magistris arriva pure una pesante condanna: un anno e tre mesi con pena
sospesa a conclusione del processo sull’acquisizione di utenze telefoniche di
alcuni parlamentari relative al periodo in cui era pm a Catanzaro. Stessa
condanna per il consulente informatico Gioacchino Genchi. Nei confronti di De
Magistris, nel maggio scorso, i pubblici ministeri avevano chiesto l’assoluzione.
Per Genchi, invece, era stata sollecitata la condanna ad un anno e 6 mesi. La
sentenza del giudice monocratico di Roma attribuisce invece la responsabilità
penale a entrambi gli imputati. La sentenza emessa dal Tribunale di Roma
(giudice monocratico Rosanna Iannello) ha disposto anche l’interdizione dai
pubblici uffici per un anno per i due imputati. Iannello ha comunque concesso
le attenuanti generiche, la sospensione della pena irrogata, compresa quella
accessoria, e la non menzione nel certificato penale. L’utilizzo dei tabulati
telefonici oggetto del procedimento erano riferiti a diversi esponenti
politici, da Romano Prodi, Clemente Mastella, Marco Minniti a Francesco
Rutelli. Il sindaco con Genchi dovrà risarcire i parlamentari coinvolti.
LA REAZIONE SCONVOLTA DI DE
MAGISTRIS - «Sono profondamente
addolorato per aver ricevuto una condanna per fatti insussistenti», commenta il
sindaco De Magistris. «In Italia, credo non esistano condanne per abuso di
ufficio non patrimoniale. Sono stato condannato per avere acquisito tabulati di
alcuni parlamentari, pur non essendoci alcuna prova che potessi sapere che si
trattasse di utenze a loro riconducibili. Prima mi hanno strappato la toga, con
un processo disciplinare assurdo e clamoroso, perché ho fatto esclusivamente il
mio dovere, dedicando la mia vita alla magistratura, ed ora mi condannano, a
distanza di anni, per aver svolto indagini doverose su fatti gravissimi
riconducibili anche ad esponenti politici».
«Non avendo commesso alcun reato», continua il sindaco di
Napoli, «ho la speranza che si possa riformare, in appello, questo gravissimo e
inaccettabile errore giudiziario. La mia vita è sconvolta e sento di aver
subito la peggiore delle ingiustizie, ma non cederò alla tentazione di perdere
completamente la fiducia nello Stato. Rifarei tutto, ho giurato sulla
Costituzione ed ho sempre pensato che un magistrato abbia il dovere di indagare
ad ogni livello, anche quello che riguarda la politica. Oggi, con questa
sentenza, di fatto, mi viene detto che non avrei dovuto indagare su alcuni
pezzi di Stato, che avrei dovuto fermarmi. Rifarei tutto, perché ho agito con
coscienza e rispettando solo la Costituzione. Vado avanti con onestà e
rettitudine, principi che hanno sempre animato la mia vita e che una sentenza così
ingiusta non può minimamente minare. La Giustizia è più forte della legalità
formale intrisa di ingiustizia profonda».
LA REAZIONE DI MASTELLA - «Nulla
mai potrà ripagarmi. Quell’indagine, condotta in maniera illegale, è stata
all’origine di tutte le mie difficoltà, sul piano umano e sul piano politico»,
così Clemente Mastella commenta la sentenza Why Not con la condanna di de
Magistris e Genchi. «Quell’indagine - ha detto ancora - ha cambiato, fino a
stravolgerla, la storia politica italiana. Da allora tutto è precipitato».
LE REAZIONI DI BASSOLINO, CALDORO E
DI PIETRO - «Spero che De Magistris possa chiarire tutto» dice l’ex
leader di Italia dei Valori Antonio Di Pietro, che si dice «solidale» con l’ex
collega magistrato.
L’ex governatore della Campania Antonio Bassolino gongola su
Twitter: «Napoli ha un sindaco condannato, titola...(segue il nome di una
grossa testata online, ndr), anche il vicesindaco se è per questo».
«Condanna de Magistris. Garantista a 360 gradi. Fino al
terzo grado sempre innocenti». Lo scrive su Twitter Stefano Caldoro, presidente
della Regione Campania, in merito alla condanna del sindaco di Napoli per
l’inchiesta Why Not. «Chi di Why Not ferisce di Why Not perisce. Ma è triste un
paese in cui sono i giudici e non il popolo a scegliere i suoi rappresentanti»,
è invece il tweet di Marco di Lello, presidente dei deputati socialisti.
L’INCHIESTA WHY NOT - Il nome
della complessa inchiesta «Why Not» deriva da una società di outsourcing di
Lamezia Terme che forniva alla Regione Calabria lavoratori specializzati nel
settore informatico. Una dei soci ed amministratore della Why Not, Caterina
Merante, insieme inizialmente agli altri due soci, che avrebbero poi
parzialmente ritrattato, ha dato il via alle indagini che hanno ipotizzato un
gruppo di potere trasversale tenuto insieme da una loggia massonica coperta,
giornalisticamente nota come “La Loggia di San Marino”. A tale presunta loggia
massonica coperta, che avrebbe influito sulle scelte di amministrazioni
pubbliche per l’utilizzo di finanziamenti e l’assegnazione di appalti, si
ipotizzava iscritta una parte dei 19 indagati ai quali i carabinieri
notificarono informazioni di garanzia per associazione per delinquere, truffa,
corruzione, violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete sino al
finanziamento illecito dei partiti. Nel mese di dicembre 2008, dopo lo scontro
tra le Procure di Catanzaro e Salerno, e dopo i primi interventi del Consiglio
Superiore della Magistratura, l’avviso di conclusione indagini invece notificato
a ben 106 persone, tra cui l’ex presidente della Regione Calabria Agazio Loiero
ed il suo predecessore Giuseppe Chiaravalloti. Archiviata invece la posizione
di Romano Prodi e di alcuni suoi più stretti collaboratori dopo che in
precedenza era stata anche stralciata la posizione di Clemente Mastella. Il 21
gennaio 2012 il Gup di Roma Barbara Callari rinvia a giudizio Luigi De
Magistris e Gioacchino Genchi con l’accusa di aver acquisito nel 2009 in modo
illegittimo i tabulati telefonici di alcuni parlamentari.
Insomma: politici e imprenditori la fanno franca, mentre chi
ha cercato di stanarli viene punito.
Molti ora chiedono le dimissioni di de Magistris da Sindaco
di Napoli. Peraltro anche il suo vice Sodano risulta condannato per la vicenda
rifiuti. Ma il sentore è l’ex Pm non si dimetterà. Di certo, dopo questa
condanna, la sua figura risulta ulteriormente depotenziata, visto che la sua
inizialmente larga maggioranza si è via via ridotta nel corso del tempo, la
Giunta iniziale è completamente cambiata e non ha alcun partito alle spalle. A
questo punto appare impossibile, ammesso che possa ricandidarsi, una sua
riconferma alle prossime elezioni a Sindaco. Con la città che sarà contesa tra
il Pd – che così rimetterebbe le mani sulla città dopo il disastroso ventennio
del duo Bassolino-Iervolino – e il centrodestra immorale e affarista. Per far
passare a’ nuttata, ci vorranno ancora tanti anni…
Risultato del sondaggio molto equilibrato. Un votante su due ritiene che debba dimettersi, mentre uno su tre no.
(Fonte: Corriere
del Mezzogiorno)
l'Italia quando si guarda allo specchio, vede soltanto Mafia e Massoneria.
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